Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Una catena umana per salvare la necropoli punica

Fonte: La Nuova Sardegna
6 aprile 2009

LUNEDÌ, 06 APRILE 2009

Pagina 17 - Cronaca

di Alessandra Sallemi



Centinaia di persone a Tuvixeddu dicono ancora no ai progetti immobiliari sull’area archoelogica




CAGLIARI Un operaio del settore pneumatici è venuto col figlio da Olbia perché «prima che olbiese sono sardo» e il destino della necropoli di Tuvixeddu è un problema che riguarda tutta l’isola: una bella frase che testimonia l’interesse ancora vivo dopo vent’anni di tira e molla sul progetto Coimpresa, riaccreditato sul piano politico con l’avvento alla Regione della giunta amica di centrodestra. Il variegato gruppo di oppositori all’accordo di programma che anni fa diede il via libera alla costruzione di palazzine eleganti affacciate sul parco-necropoli, con strada di snellimento del traffico costruita in mezzo al canyon a spese del Comune, ieri si è riunito nella manifestazione organizzata da Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Cagliari Social Forum e Studenti di Cagliari per dire, ancora una volta, che Tuvixeddu non sono quattro sassi da abbellire con un centro residenziale, ma è l’unica necropoli fenicio-punico sopravvissuta nel mare Mediterraneo ed è un luogo ancora vasto, con discese e salite che portano a godere di panorami improvvisi e vasti. Centinaia di persone di estrazione molto diversa erano tutte lì per lo stesso motivo: nella partita a scacchi che dura da anni tra la vita e la morte di un monumento inestimabile, c’è un tifo immutato.
Il tutto perché le ragioni della cultura prevalgano e il diritto dei privati di costruire e di ricavare denaro da un’operazione immobiliare sia gestito con sincerità attraverso proposte alternative del livello necessario. Perché ieri le persone, circa un migliaio, che camminavano in fila ordinata da via Bainsizza fino a via Is Maglias e poi via Codroipo e il viale Sant’Avendrace davanti alla Grotta della Vipera, dimostravano di conoscere il problema nei dettagli per averlo seguito con passione lungo tutte le sue alterne vicende. A nessuno mancava la risposta quando si chiedeva: cosa dovrebbero fare i proprietari delle aree? «Ai proprietari delle aree si dia un’altra possibilità e qui si faccia il parco»: è la sintesi estrema di tutte le risposte. Per stare assieme gli organizzatori hanno tirato fuori un chilometro di quei nastri bianchi e rossi che si vedono lungo i perimetri dei cantieri e a mano a mano che il gruppo si ingrossava srotolavano il filo coi partecipanti che reggevano il loro pezzetto. Una signora mette il piede nella solita buca tipica dell’asfalto cagliaritano: cade, finisce con le mani avanti, si sbuccia il palmo della destra, sente male a un ginocchio, si rimette in piedi e riparte. Tornare a casa? «No sto qui, voglio stare qui perché condivido che si manifesti contro chi mette in secondo piano la bellezza della città». La decisa signora è docente di marketing all’università e ha qualcosa, appunto, da insegnare: «Qui si dovrebbe parlare di marketing territoriale, dove il territorio non è considerato un bene fisico e ci dovrebbe essere consapevolezza sulla necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile. Nel caso di Tuvixeddu c’è la rottura delle relazioni di civiltà che rendono virtuoso il territorio. Si bada all’immediato e non si pensa al medio e al lungo termine». Vincenzo Tiana delegato regionale di Legambiente indica una palazzina bianca sul lato di via Is Maglias: qui c’era un villaggio neolitico, nonostante qualcuno oggi dica che via Is Maglias non ha valore paesistico e archeologico «e in fondo è vero, lo stanno cancellando...». Una psicoterapeuta e una comandante di Marina: «Siamo qui per difendere Tuvixeddu e la sua bellezza. Il fatto curioso è che certa parte parla tanto di turismo e a questa noi diciamo che difficilmente i turisti verrebbero per visitare un complesso turistico». Pietro Lallai un disoccupato oggi attivista dell’Irs una volta è stato operaio di un’impresa socia di Coimpresa, poi fallita. Racconta tante cose: varie speculazioni sono già passate su questo colle, alcune perpetrate anche attraverso le aste giudiziarie di terreni provenienti da aziende fallite dal valore miliardario ma pagati una manciata di lire. Secondo Pietro Lallai anche le banche hanno giocato un ruolo nelle speculazioni qua attorno, «situazioni che in Sardegna si ripetono spesso, le aste giudiziarie in cui finiscono i terreni degli agricoltori nascono dalle stesse logiche speculative...». Un consulente finanziario e la moglie medico anestesista sono in corteo «per testimoniare con la presenza la protesta contro la cementificazione di Tuvixeddu. Il progetto avrà il suo valore, ma bisogna realizzarlo altrove. Andremo avanti nella battaglia, il ricorso che il Tar ha respinto è soltanto di forma, peraltro in passato le stesse forme andavano bene, oggi no: non importa perché i gruppi ambientalisti stanno già preparando il ricorso al Consiglio di Stato». Una tecnica di neurofisiopatologia spiega: «Questo è un risveglio, è una presa di coscienza: intanto bisogna parlarne». Un sociologo: «Ci stiamo mangiando quel che la storia ci ha consegnato, negli altri paesi si stanno veramente ponendo il problema del cambio di modello economico: davvero l’edilizia è un meccanismo di rilancio economico? E’ un meccanismo di tipo contingente: e domani? E sulle case di Tuvixeddu: a chi le venderanno?». Amalia Schirru parlamentare: «Su quest’area si sta commettendo un grande errore. La mancanza di coscienza è inammissibile in chi amministra». Un’insegnante di storia dell’arte: «In passato si sono fatti sconci in questa zona: non si deve continuare».
Claudia Zuncheddu consigliere regionale Rossomori: «A Cartagine la necropoli è stata distrutta dall’edilizia, a Beirut dalla guerra: l’unica necropoli fenicio punica superstite del Mediterraneo è Tuvixeddu. Basterebbe il buonsenso per decidere di salvaguardarla. Lancio un appello a tutta la società civile perché si vigili su ciò che di buono ha fatto la precedente amministrazione regionale».