Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Sindaci in trincea tra disagio e attentati»

Fonte: L'Unione Sarda
11 marzo 2016

Manifesto contro lo spopolamento: «Lo Stato non ci abbandoni»

Da Abbasanta l'appello degli amministratori A sentirli parlare sembrano i componenti di un esercito di trincea. Invece sono sindaci: esposti ai rischi di stare quotidianamente a contatto con il malessere che, nella sua peggiore deriva, sfocia in intimidazioni e violenza personale.
Il grido di dolore e il bisogno d'aiuto sono sfociati ieri, in certi casi anche con rabbia, durante l'assemblea convocata dalle autonomie locali ad Abbasanta. Infatti, anche se non si tratta di un'equazione matematica, le intimidazioni ai sindaci nascono da un disagio sociale causato dall'abbandono dei piccoli centri.
Così i sindaci hanno deciso di alzare la voce: chiedono che non vengano toccati i presìdi delle forze dell'ordine e si dichiarano pronti a «sottoscrivere con la Regione e le forze sociali il Manifesto contro lo spopolamento», annuncia il presidente dell'Anci, Pier Sandro Scano.
L'ABBANDONO Gigi Littarru è in sala, i sindaci lo accolgono con un applauso. I segni dei pallettoni nella parete della sua casa, a Desulo, sono l'ultimo segno del pericolo per l'incolumità dei primi cittadini. Nonostante la determinazione a non lasciare il timone del paese, c'è la certezza che qualcosa deve cambiare. «Le questioni sono collegate tra loro. Purtroppo con i fondi ridotti al minimo è difficile riuscire a sopperire a tutti i problemi della comunità», spiega Littarru.
L'isolamento si sente eccome, perché «se è vero che si parla sempre di continuità territoriale tra la Sardegna e il continente, si dovrebbe prestare attenzione anche a quella tra le grandi città e l'interno», lamenta il sindaco di Desulo. Mantenere un paese in vita con pochi soldi non è semplice perché «gli studenti vanno via e non tornano, non hanno prospettive».
I PERICOLI Così quasi per tutti l'esercizio quotidiano è fare i conti con un malessere che aumenta, causando una tensione sociale sempre più difficile da controllare. Il sindaco di Ussassai, Giannino Deplano, interviene in maniera molto dura. «Siamo noi sindaci il bersaglio di questo malessere, soffriamo i tempi troppo lunghi di norme molto complesse che rallentano quei pochi interventi che possiamo fare».
Non è detto che con maggiore possibilità di manovra si metta fine a quelli che di fatto sono atti criminosi, ma certo è che una comunità più appagata funge da traino e da tutela per un sindaco. Ma allo stato attuale è difficile, paesi fantasma che nei prossimi anni potrebbero ridursi a piccoli condomìni perché «non riusciamo nemmeno a portare a termine i lavori che abbiamo iniziato», racconta Giovanni Orrù, sindaco di Busachi.
LA SICUREZZA Scano è reduce dall'incontro a Roma con il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, per l'insediamento dell'Osservatorio contro gli attentati. «Un'iniziativa molto utile», dice Scano, «per il prossimo incontro vorrei portare una sintesi di tutte le nostre idee». Una cosa è certa, nei paesi serve il presidio delle forze dell'ordine e quindi «non è pensabile che vengano chiuse le caserme».
IL SALVADANAIO Servono idee, servono forza e determinazione, ma alla fine anche i migliori princìpi hanno un costo. E quando le casse dei Comuni sono vuote si rischia di vanificare qualsiasi iniziativa.
A finanziare i Comuni è il Fondo unico per gli enti locali, un tesoretto di circa 600 milioni che la Finanziaria mette a disposizione ogni anno. Eppure non è semplice far quadrare i conti perché «nei Comuni ormai siamo ridotti a gestire soltanto le emergenze», sottolinea Antonio Satta, sindaco di Padru. Per il sindaco di Quartu, Stefano Delunas, è necessario «rivedere i criteri di ripartizione del Fondo unico perché ci sono sperequazioni enormi».
IL MEILOGU Il grido di dolore arriva anche dai sindaci dell'Unione dei Comuni del Meilogu, riuniti ieri mattina a Bonorva. Il pretesto è la chiusura della stazione ferroviaria di Giave, ma i sindaci di Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi e Torralba si sentono abbandonati.
Preoccupa la chiusura di scuole, ospedali, uffici e caserme, che lascerebbero il territorio abbandonato e difficilmente in grado di evitare la fuga di chi può scegliere un'alternativa.
Matteo Sau