Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Un quartiere in ostaggio

Fonte: L'Unione Sarda
19 febbraio 2016


«I giovani si “bucano” anche davanti alla scuola» - Duecento famiglie annunciano una marcia di protesta

 

Un giovane dribbla panchine e aiuole. Scatto felino, salta il muretto. Sparisce per pochi minuti. Quando ricompare, si sistema la manica della felpa. Barcollante si dirige verso il mercato di via Quirra, sguardo perso nel vuoto. Sembra darsi il cambio con un altro ragazzo: stessa destinazione per potersi “bucare”. «Ecco, lo vede. Da queste parti è sempre così. Venti, trenta volte al giorno. Si “fanno” di qualche schifezza, incuranti di tutto e tutti. Siamo costretti a tapparci gli occhi e chiuderci in casa. Non possiamo portare i bambini in giardino: lei si fiderebbe a far giocare suo figlio in mezzo a un tappeto di siringhe insanguinate?»
IN OSTAGGIO Chi vive alle pendici del colle di San Michele è stanco. Promesse, tante promesse. Le oltre duecento famiglie che abitano nelle undici palazzine ex Gescal, costruite negli anni Settanta tra via Cinquini, via Cornalias e via Serbariu, ora sono pronte a ribellarsi: «Se non avremo risposte concrete siamo pronti a presentarci sotto il municipio di via Roma», sbottano Lucia Pilia, Maria Bonaria Cherchi, Massimo Mazzuzi e Tore Fanni. Insieme a una ventina di altri abitanti mostrano il degrado della zona. Un tour tra siringhe insanguinate: «Siamo in ostaggio a casa nostra», osserva amaramente Maria Bonaria Cherchi.
TAPPETO DI SIRINGHE Le siringhe sono disseminate dappertutto. «Potrebbe essere un posto meraviglioso. Giardini, alberi, il colle di San Michele a due passi. Ma le famiglie che vivono qui preferiscono stare in casa. Troppo rischioso, troppi pericoli», evidenzia Massimo Mazzuzi. Il verde non è curato: le chiome delle piante arrivano quasi a terra e le aiuole sono il regno di erbacce cresciute in fretta. Ogni angolo dei giardini tra le palazzine ex Gescal è diventato un piccolo rifugio per i tossicodipendenti. «Arrivano dalle zone dello spaccio», raccontano gli abitanti, «si sistemano qui e si “bucano”. Vanno via lasciando i loro ricordi». Le siringhe non si contano. Le trovi tra le aiuole, appoggiate sui muretti, infilzate nel terreno, gettate accanto alle panchine o alle scalinate. «Come si può pensare di far giocare i bambini in questa situazione, con il rischio di pungersi con l'ago di una siringa ancora insanguinata?», si chiede Lucia Pilia. «Ogni volta si corre il rischio di incrociare uno di questi ragazzi appena “fatto”. Non è uno spettacolo per i più piccoli. Qualche volta sono anche avvenute scene di sesso sotto le finestre delle nostre case».
IL REGNO DEI TOSSICI La solita esagerazione dei residenti che provano a chiedere un po' di attenzione? La risposta la può trovare chiunque, politici in testa. Da queste parti sembra proprio di trovarsi nel regno dei tossici. Giovani che si muovono come se fossero a casa loro, angoli trasformati in centri per il “buco”, rifiuti pericolosi (non solo le siringhe, ma anche fazzoletti insanguinati, cucchiaini e contenitori usati per preparare le dosi, lacci) abbandonati dove capita. «Arrivano a “farsi” anche a due passi dalla scuola materna», spiegano Fanni e Mazzuzi. C'è stato un periodo in cui il personale scolastico faceva trovare sul muretto le bottigliette d'acqua per evitare spiacevoli incursioni nel cortile nella scuola materna. E mentre il tour della vergogna prosegue, spuntano due agenti della squadra volante. Hanno appena fatto allontanare tre tossicodipendenti, facendogli raccogliere le siringhe utilizzate. «Passiamo più volte da queste parti», dicono i poliziotti.
PIÙ CONTROLLI Ai cittadini dell'ex Gescal però non basta. «Se ci fossero più controlli da parte delle forze dell'ordine, i tossici andrebbero via da qui», dicono in coro. «Non basta qualche passaggio ogni tanto. Serve un presidio fisso». Oltre agli altri interventi “normali” (cura del verde, pulizia dei marciapiedi e delle aiuole, eliminazione di alberi pericolanti) per non sentirsi un rione da serie B. «Anzi, vista la situazione, siamo considerati cittadini di serie C», conclude amaramente Mazzuzi.
Matteo Vercelli