L'ultima battaglia delle dinastie del commercio per sopravvivere
C'è chi non si arrende, c'è chi ha voglia di combattere contro la crisi e contro l'arroganza commerciale della grande distribuzione. Certo, non è facile. Ma i gestori di tanti negozi storici continuano la loro battaglia quotidiana. «Anche se diventa sempre più difficile», sospira Giovanni Simonetti, l'amministratore della società che gestisce uno storico negozio di calzature («Ai miei 52 anni qua dentro bisogna aggiungere gli 11 di mio zio che lo ha creato») in via Garibaldi.
LA PROTESTA Simonetti si affaccia sulla strada: nonostante sia sabato mattina, non c'è molto movimento. «Solo negli ultimi anni», afferma, «sono stati aperti nell'hinterland 25 mila metri quadri dedicati alle calzature. Se a questi si aggiungono i sette centri commerciali, capite perfettamente le difficoltà. In questo periodo di crisi, la gente ha pochi soldi. E quei pochi finisce con lo spenderli in quei centri. Lo ammetto, sto pensando seriamente di chiudere».
LA RICETTA A pochi metri di distanza, Andrea Bertola sta “riprendendo possesso” del suo negozio di abbigliamento sportivo dopo aver trascorso qualche giorno in una fiera del settore a Berlino. «Davanti alla crisi», sostiene, «occorre aggredire il mercato. Diventa necessario ingrandirsi». Dalle parole ai fatti: lui e la sua famiglia gestiscono, tra negozi di ottica e di abbigliamento, undici punti vendita in città. «E ora stiamo lavorando sulla “Villa al mare”, una boutique-hotel al Poetto». Solo diventando grandi si può affrontare il mercato. «Perché, a quel punto, si acquisce forza contrattuale e si può trattare con i fornitori che possono anche diventare partner».
LA CONCORRENZA Non è facile. Anche perché i marchi che, in passato, vendevano solo nei negozi, ora sono approdati alla grande distribuzione. «I brand che abbiamo noi», interviene Giorgia Sanna che, con il marito Sergio Bistrussu, possiede la “Casa dello sport”, «ora sono presenti anche alla Rinascente che, di fatto, è diventata un nostro concorrente. Ed è competitiva dal momento che, con i suoi volumi d'affari, può fare promozioni che per noi sono impossibili». Anche lo storico negozio di abbigliamento («Aperto da 68 anni e rilevato da noi nel 1978»), comunque, non si arrende: ha un altro punto vendita e l'outlet. «Sappiamo che, in questo momento, dobbiamo lavorare senza utili. Ma ne vale la pena perché, comunque, salviamo posti di lavoro nella speranza che la situazione migliori».
I DECANI È quasi un coro quello dei commercianti storici. Soprattutto di quelli che vestono i cagliaritani da generazioni: “Castangia dal 1850”, si legge nell'insegna di via Manno. «Ormai la dinastia è arrivata alla sesta generazione», dice con un sorriso Vito Nurchi, direttore del centro vendita di via Manno. Anche i Grilletti, la famiglia erede di Giuseppe Castangia, hanno capito che diventa tutto più difficile se si resta piccoli. «Non a caso», riprende Nurchi, «c'è anche il negozio di Sassari, quelli stagionali del Forte Village, del Timi Ama e l'azienda di produzione. La società si è internazionalizzata, fatto che le consente di stare sul mercato e di avere più facile accesso al credito». Bisogna diventare grandi per sopravvivere («In questo momento, i dipendenti sono circa 200»). E per superare tutti i problemi. «Solo così si riesce a trattare con i marchi più importanti. Ma non è facile lavorare in un territorio in cui esiste una così alta concentrazione di centri commerciali».
Marcello Cocco