Il 15 settembre 2015 Giampiero Cesarini parla al telefono con Vittorio Guarino della società Eurofrip. In quel momento, secondo quanto ricostruito grazie alle intercettazioni telefoniche, lui e la moglie Rosa Contiello stanno insaccano indumenti donati dalla Caritas e raccolti nella chiesa di Sant'Ignazio: «Vittò», dice l'uomo all'amico, «sto mettendo dentro le buste 4 o 5 metri cubi di roba, hai capito? Quattro, cinque metri cubi! Tutta roba che arriva dalla Caritas di via Fra Ignazio, dove andasti con Rosa a parlare. Non l'ho mandata a via Po, ok?» In sostanza, secondo le accuse, quegli indumenti, regalati dai sardi per fare beneficenza, erano stati «imbustati e portati via senza alcuna cernita preliminare» dell'ente caritatevole, come invece sarebbe dovuto avvenire, così «l'intero carico» era stato «portato via per essere mandato a Casoria» alla società Eurofrip.
È uno dei dettagli che emergono dall'ordinanza con la quale due giorni fa il giudice delle indagini preliminari Giampaolo Casula ha imposto l'obbligo di dimora alla coppia e ad Andrea Nicolotti, responsabile del servizio mensa della Caritas: sono accusati di truffa e traffico organizzato di rifiuti, cioè i vestiti che, destinati ai bisognosi (i migranti, gli alluvionati, i clochard), venivano rimessi in commercio senza essere prima trattati (un procedimento di igienizzazione e sanificazione). Il tutto, in base alla tesi del pubblico ministero Guido Pani e degli uomini del Nucleo investigativo della Forestale al comando del commissario Ugo Calledda, spendendo con amministrazioni cittadine e società private il nome della Caritas diocesana di Cagliari, il cui logo era stato concesso in uso a Cesarini e Contiello da don Marco Lai, direttore dell'associazione, dietro il pagamento di un corrispettivo. Sarebbero stati almeno due i carichi di abiti dirottati verso il Napoletano. L'ultimo, contenente dieci tonnellate di merce in parte nuova, era all'interno del semi rimorchio sequestrato il 6 gennaio dagli investigatori dopo essere stato riempito davanti alla sede Caritas di via Po a Cagliari (dove confluivano gli indumenti). Quel giorno era venuto a galla il presunto raggiro, eppure i tre indagati secondo il pm avevano continuato nel loro intento: sistemare sul territorio di diversi Comuni i cassonetti nei quali far confluire i vestiti da regalare. Motivo che ha spinto il gip a imporre loro l'obbligo di dimora.
Gli inquirenti ritengono che le loro reali intenzioni emergano chiaramente dal tenore delle intercettazioni. Quando è in corso il carico del tir in via Po, «materiale nuovo da sommare a 6 metri cubi donati per extracomunitari», spiega il giudice nell'ordinanza, gli investigatori sentono Cesarini che dice a Guarino: «C'è tanta di quella roba che mi sto sentendo male, hai capito? Ci stanno altri 5 o 6 metri cubi che non l'hanno neanche aperta, è arrivata molta roba per gli extracomunitari, calcola una botta di 800 o 900 persone». L'obiettivo è spedirla a qualche azienda in cambio di un certo corrispettivo. Cifra in alcuni casi ritenuta insufficiente, come spiegato al padre da Contiello: «Tre centesimi al chilo, ma come? Fammi capì, mica è solo la roba della Caritas che tengono là dentro», a conferma che non c'erano solo indumenti vecchi da regalare. Poi aggiunge: «Un altro napoletano qua che fa spazzatura ha detto che a lui gli pagano 30 centesimi al chilo in Sardegna». E Andrea Nicolotti, secondo il gip, assieme ad «Antonello Atzeni» dà «continui suggerimenti e intermediazioni con don Lai e rappresentanti del territorio per il solo interesse economico della coppia». Un «uso distorto e fraudolento delle finalità benefiche della Caritas, piegate a fini di lucro». I viaggi verso la Campania avvenivano con la società Villano i cui titolari però, assistiti dall'avvocato Giampiero Ferrando, spiegano che marito e moglie «si erano presentati come collegati alla Caritas, con tanto di documenti», e che per loro era solo «un trasporto di abiti da donare ai bisognosi». Il tir è stato dissequestrato e restituito all'azienda. Venerdì davanti al gip è in programma l'udienza di convalida riguardo l'obbligo di dimora alla presenza dei legali Luigi Concas e Marco Scano.
An. M.