Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'inchiesta sulla beneficenza tradita: le telefonate degli indagati «C'è tanta di quella roba che mi

Fonte: L'Unione Sarda
21 gennaio 2016

 

Il 15 settembre 2015 Giampiero Cesarini parla al telefono con Vittorio Guarino della società Eurofrip. In quel momento, secondo quanto ricostruito grazie alle intercettazioni telefoniche, lui e la moglie Rosa Contiello stanno insaccano indumenti donati dalla Caritas e raccolti nella chiesa di Sant'Ignazio: «Vittò», dice l'uomo all'amico, «sto mettendo dentro le buste 4 o 5 metri cubi di roba, hai capito? Quattro, cinque metri cubi! Tutta roba che arriva dalla Caritas di via Fra Ignazio, dove andasti con Rosa a parlare. Non l'ho mandata a via Po, ok?» In sostanza, secondo le accuse, quegli indumenti, regalati dai sardi per fare beneficenza, erano stati «imbustati e portati via senza alcuna cernita preliminare» dell'ente caritatevole, come invece sarebbe dovuto avvenire, così «l'intero carico» era stato «portato via per essere mandato a Casoria» alla società Eurofrip.
È uno dei dettagli che emergono dall'ordinanza con la quale due giorni fa il giudice delle indagini preliminari Giampaolo Casula ha imposto l'obbligo di dimora alla coppia e ad Andrea Nicolotti, responsabile del servizio mensa della Caritas: sono accusati di truffa e traffico organizzato di rifiuti, cioè i vestiti che, destinati ai bisognosi (i migranti, gli alluvionati, i clochard), venivano rimessi in commercio senza essere prima trattati (un procedimento di igienizzazione e sanificazione). Il tutto, in base alla tesi del pubblico ministero Guido Pani e degli uomini del Nucleo investigativo della Forestale al comando del commissario Ugo Calledda, spendendo con amministrazioni cittadine e società private il nome della Caritas diocesana di Cagliari, il cui logo era stato concesso in uso a Cesarini e Contiello da don Marco Lai, direttore dell'associazione, dietro il pagamento di un corrispettivo. Sarebbero stati almeno due i carichi di abiti dirottati verso il Napoletano. L'ultimo, contenente dieci tonnellate di merce in parte nuova, era all'interno del semi rimorchio sequestrato il 6 gennaio dagli investigatori dopo essere stato riempito davanti alla sede Caritas di via Po a Cagliari (dove confluivano gli indumenti). Quel giorno era venuto a galla il presunto raggiro, eppure i tre indagati secondo il pm avevano continuato nel loro intento: sistemare sul territorio di diversi Comuni i cassonetti nei quali far confluire i vestiti da regalare. Motivo che ha spinto il gip a imporre loro l'obbligo di dimora.
Gli inquirenti ritengono che le loro reali intenzioni emergano chiaramente dal tenore delle intercettazioni. Quando è in corso il carico del tir in via Po, «materiale nuovo da sommare a 6 metri cubi donati per extracomunitari», spiega il giudice nell'ordinanza, gli investigatori sentono Cesarini che dice a Guarino: «C'è tanta di quella roba che mi sto sentendo male, hai capito? Ci stanno altri 5 o 6 metri cubi che non l'hanno neanche aperta, è arrivata molta roba per gli extracomunitari, calcola una botta di 800 o 900 persone». L'obiettivo è spedirla a qualche azienda in cambio di un certo corrispettivo. Cifra in alcuni casi ritenuta insufficiente, come spiegato al padre da Contiello: «Tre centesimi al chilo, ma come? Fammi capì, mica è solo la roba della Caritas che tengono là dentro», a conferma che non c'erano solo indumenti vecchi da regalare. Poi aggiunge: «Un altro napoletano qua che fa spazzatura ha detto che a lui gli pagano 30 centesimi al chilo in Sardegna». E Andrea Nicolotti, secondo il gip, assieme ad «Antonello Atzeni» dà «continui suggerimenti e intermediazioni con don Lai e rappresentanti del territorio per il solo interesse economico della coppia». Un «uso distorto e fraudolento delle finalità benefiche della Caritas, piegate a fini di lucro». I viaggi verso la Campania avvenivano con la società Villano i cui titolari però, assistiti dall'avvocato Giampiero Ferrando, spiegano che marito e moglie «si erano presentati come collegati alla Caritas, con tanto di documenti», e che per loro era solo «un trasporto di abiti da donare ai bisognosi». Il tir è stato dissequestrato e restituito all'azienda. Venerdì davanti al gip è in programma l'udienza di convalida riguardo l'obbligo di dimora alla presenza dei legali Luigi Concas e Marco Scano.
An. M.