Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ma la Madre dell'ucciso non vinse mai alla Biennale

Fonte: L'Unione Sarda
13 gennaio 2016

Arte L'errore riportato nella targa posta sulla casa natale di Francesco Ciusa a Nuoro

 

 

D on Totoni e gli abitanti del quartiere nuorese di Santu Predu hanno ragione quando sollecitano il restauro della chiesa di San Carlo in cui si trovano le spoglie di Francesco Ciusa. Altrettanto legittima appare la richiesta di correzione della targa apposta sulla casa natale dell'artista. Alla luce di un'analisi storico-artistica che si dà per acquisita, contiene almeno due errori, gli stessi che ancora ricorrono sulle pagine di internet e che continuano a generare dubbi e riaprire il dibattito. Il più macroscopico è quello che vorrebbe lo scultore (Nuoro 1883-Cagliari 1949) vincitore nel 1907 del «premio internazionale per la scultura alla VII Biennale di Venezia» con la “Madre dell'ucciso”. Il secondo, da emendare solo in parte, è quello che colloca l'opera alla Galleria d'arte moderna di Roma. Il gesso che lo scultore portò a Venezia, è infatti custodito nella Galleria comunale d'arte di Cagliari insieme al cuore della produzione scultorea. A chiarire l'una e l'altra questione è Anna Maria Montaldo, direttrice dei Musei civici cagliaritani, autrice di studi su Francesco Ciusa e curatrice nel 2007 della mostra che proprio a Venezia celebrò il centenario dell'esordio dello scultore all'Esposizione d'arte.
Francesco Ciusa vinse la Biennale di Venezia?
«Trionfò ma non vinse. Dagli accurati studi fatti in occasione della mostra, anche negli archivi della Biennale, non risulta gli sia stato assegnato un premio ufficiale. È certo invece che la critica esaltò il lavoro dell'artista, considerandolo espressione non di una realtà circoscritta e regionale, ma capace di esprimere sentimenti e visioni di portata universale. Come ha scritto Nereide Rudas questa scultura racchiude i due principi fondamentali della vita dell'uomo: la nascita e la morte. Ciusa rappresenta il dolore lancinante che, come racconta nell'autobiografia, provò quando vide una donna a cui essere stato ucciso il figlio pietrificata dalla sofferenza seduta nell'angolo di un cortile. A soli 24 anni riuscì a trasferire la forza dell'emozione nella scultura che, accettata a Venezia insieme ad altri 51 lavori, ottenne un successo internazionale. E pensare che gli amici Sebastiano Satta e Antonio Ballero scoraggiarano l'autore dal proporre la scultura all'Esposizione. Fu la sorella di Grazia Deledda, Giuseppina, artista a sua volta, a convincere il giovane delle capacità espressive dell'opera. Quando Ciusa le mostrò la Madre dell'ucciso, la donna si fece il segno della croce e pianse».
Quale museo italiano custodisce l'opera originale, quella che Ciusa portò alla Biennale?
«La Galleria d'arte di Cagliari. Nel 1939 il Comune acquistò la Madre dell'ucciso insieme al nucleo della produzione artistica dello scultore nuorese: la Filatrice, il Nomade, il Cainita, il Bacio e la Dolorante anima sarda. Si appropriò anche dei diritti di riproduzione che negli anni Ottanta hanno permesso la realizzazione dei bronzi esposti al Palazzo civico. La nostra Galleria possiede anche un altre grande gesso di Ciusa che si può vedere in esposizione permanente, è la Deposizione. La trovai nelle Grotte, oggi Cava dell'arte contemporanea. Qui era stata sistemata tutta la collezione d'arte del Comune per evitare che venisse danneggiata durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Vi è rimasta sino agli anni Novanta».
Qual è la genesi delle altre opere che vengono spesso citate come originali della Madre dell'ucciso?
«Alla Galleria nazionale di Roma è esposta la fusione di bronzo che, realizzata sempre nel 1907, lo Stato acquistò dallo stesso artista. La Galleria comunale di Palermo custodisce un calco di gesso che, di poco successivo rispetto al nostro, portammo a Venezia. Ritenni opportuno non muovere l'originale: la Madre dell'ucciso ha un valore straordinario. Significa la capacità di esprimere, anche attraverso il ricorso a un'iconografia particolare e fortemente legata al territorio e alla cultura della Sardegna, bellezza e sentimenti universali».
Manuela Arca