Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Pesce sardo? Sì, ma non solo

Fonte: L'Unione Sarda
31 dicembre 2015


Mercato ittico all'ingrosso, domina il prodotto d'importazione - Filippini, cinesi e pakistani: la città multietnica impone una nuova cultura alimentare

 


Lo dicono a bassa voce ma subito correggono il tiro. Come se non volessero dare un'immagine troppo negativa del loro mercato. «Andamento lento, qui non è più lo stesso. C'è poca folla, vede. Il movimento, è proprio questo che manca». Che tradotto vuol dire meno clienti del passato, meno giro d'affari. Meno dettaglianti disposti a spendere.
PRIMA DELL'ALBA Sono le quattro e mezzo del mattino ma al mercato ittico all'ingrosso di viale La Plaia non mancano comunque i commercianti in cerca del miglior prodotto che da qui a breve finirà sui banchi dei mercati civici (da San Benedetto a Sant'Elia a via Quirra), nelle pescherie cagliaritane e dell'hinterland, del resto dell'Isola. Perché questo è un impianto che riceve e sforna orate, spigole, ricciole e ancora calamari, cozze e arselle pescate e raccolte nel mare di Sardegna come e ancora di più le specie importante da altri Paesi affacciati sul Mediterraneo. Pesci di mare, pesci d'allevamento. Non sempre, questi ultimi, all'altezza del prodotto locale ma capace di conquistare una consistente fetta di mercato per via dei prezzi assolutamente e inevitabilmente concorrenziali.
L'ANALISI «L'importato - conferma il direttore Ignazio Leo, responsabile anche di San Benedetto - supera il settanta per cento anche se pesci e crostacei locali si confermano i più ricercati». Orate, spigole e triglie, insomma, non hanno paura della concorrenza. Almeno quando la loro provenienza è indiscutibilmente quella del mare nostrano così come delle lagune dell'Oristanese, di Santa Gilla, di Tortolì. Che affidano ai buongustai e ai divoratori di pesce la vera eccellenza.
LE MODIFICHE Il mercato e le abitudini alimentari sono comunque cambiati. Un mutamento che - a detta di Ignazio Leo - non è solo da mettere in relazione con la crisi che ha alleggerito le tasche dei clienti e inevitabilmente degli stessi dettaglianti, ma con una città diventata sempre più multietnica. Senegalesi, pachistani e ancora di più cinesi e filippini hanno modificato la domanda di prodotto ittico. «Così tante specie che i cagliaritani e i sardi in generale non hanno mai richiesto e tanto meno apprezzato, oggi sono comparse sui banchi di vendita conquistando spazi stabili. Penso per esempio al pesce sciabola, consumato in altre regioni d'Italia e nel resto del mondo e ora anche da noi. Penso anche a diverse specie di pesce azzurro, che cominciano ad entrare nella cultura alimentare di noi sardi». E ancora: il salmone, diventato col tempo tra le specie più richieste, o le salpe, mai considerate e presenti solo in cassette “miste” della piccola pesca costiera ma che oggi hanno, con pezzi di taglia, un vero mercato. Grazie anche ai costi contenutissimi, spesso non superiori ai cinque euro il chilo.
GLI ARMATORI «La verità è che i numeri dell'importazione sono legati strettamente al prodotto d'allevamento più che a quello di mare», spiega Renato Murgia, responsabile dell'Associazione armatori motopescherecci sardi. «Importiamo cozze, vongole filippine, ombrine, anche anguille, triglie dalla Francia e nei periodi favorevoli anche da Lampedusa, spigole dalla Grecia. È questo che fa lievitare la percentuale dell'importato».
Andrea Piras