Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cresce il numero delle bancarelle anche per l'arrivo dei migranti

Fonte: L'Unione Sarda
28 dicembre 2015


Si registra un incremento anche in Sardegna, che è a metà della classifica nazionale

 

Le bancarelle resistono. Non solo: si moltiplicano. Anche perché, se in passato per gli ambulanti era logico e auspicabile abbandonarle e magari aprire un negozio, ora accade il contrario: a causa della crisi economica, tante aziende chiudono e si ripresentano sotto forma di imprese ambulanti. In Italia, secondo uno studio di Fiva Confcommercio, le imprese del genere sono 192.396. Il numero è in crescita rispetto al dicembre 2014, e il trend riguarda tutte le regioni, Sardegna compresa. Il fenomeno migratorio ha il suo peso, con i nuovi arrivati pronti a intraprendere il mestiere.
L'Isola, con 6.701 imprese, si trova a metà classifica. Lontana da Sicilia (20.299), Campania (22.407), Lombardia (20.116), Puglia (15.791) e Lazio (14.199), ma al di sopra di Friuli, Marche, Abruzzo e Liguria. Nel dato che la vede aggregata con la Sicilia, si registra una crescita pari al +7,4% rispetto al 2012.
Secondo il direttore di Confcommercio Sardegna, Gianluca Deriu, in Sardegna esistono due tendenze. Ci sono gli operatori autoctoni che commercializzano cibo. E poi gli stranieri che gestiscono tutto il resto. In generale i mercati di ambulanti all'aperto sono più valorizzati nelle aree urbane, ma, spiega Deriu, «riscuotono un certo successo nelle zone turistiche dove rappresentano strumento di attrazione. Penso alle zone di Villasimius, Bosa e Alghero».
Le zone interne invece soffrono. «Nei piccoli centri si fa sempre più fatica a organizzare il mercato settimanale e la politica dovrebbe investire di più». Da queste parti la classica macchina con l'altoparlante sta diventando un servizio fondamentale. Perché? «Si tratta di territori che vivono lo spopolamento, l'invecchiamento della popolazione e la chiusura di tante, troppe attività commerciali».
E l'altoparlante, in un certo senso, è la salvezza. Per questo, e perché «la vitalità del fenomeno è inarrestabile», il direttore regionale è convinto che «una forma di commercio così importante dovrebbe essere sostenuta da politiche regionali ad hoc, ma soprattutto urbane». Con quali accorgimenti? «Bisognerebbe sempre evitare lo spostamento dei mercati di ambulanti nelle periferie». Poi non si dovrebbero separare i generi alimentari da tutto il resto. È quello che succede a Nuoro, per esempio, dove «il sabato in piazza Italia c'è il mercato della frutta e della verdura, frequentato, mentre il mercato di abbigliamento e altro si fa, e con poco successo, il sabato nei giardini di piazza Vittorio Emanuele. Dovrebbero ritornare uniti, per essere l'uno il traino dell'altro».
Del resto i numeri parlano chiaro: di 6.701 imprese ambulanti in Sardegna, 1.118 trattano generi alimentari, 2.155 vendono merci varie (profumeria, chincaglieria, bigiotteria, mobili, fiori e piante), e ben 3.180 trattano vestiario.
Roberto Murgia