Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Riflessi di Parigi a Santa Igia e l'antico codice tascabile

Fonte: L'Unione Sarda
4 dicembre 2015

Studi e ricerche L'intervento al convegno del docente di Storia della musica medievale

 

R iflessi di Parigi a Santa Igia? Proprio così. Nel Giudicato di Carali circolavano testi su santi e la Madonna, provenienti anche dall'Île-de-France. Ma procediamo con ordine. Correva l'anno 1258. La capitale del Giudicato di Carali, Santa Igia - presso lo stagno di Santa Gilla - fu rasa al suolo dai Pisani. Unica sua testimonianza letteraria è un codice di formato tascabile. Il prezioso manoscritto - della Biblioteca Universitaria di Cagliari - scaturì dallo scriptorium della chiesa di Santa Maria in Cluso, con testi variegati. Tra gli altri: il sinodo di Santa Giusta (per questo è detto Codice di Santa Giusta), lettere pontificie, omelie, proverbi. In un inventario delle chiese di Santa Maria in Cluso, San Pietro e Santa Gilla, si elencano volumi «scolastici» ed «ecclesiastici». Tra questi un codice liturgico in volgare, quasi sicuramente sardo. E un «Psalterium nostrum».
Cos'è? Un manoscritto coi salmi, disposti secondo il rito proprio della chiesa di Carali. Nel codice non manca una ricetta medica contro la «febrem quartanam». E, ancora, i nomi dei tre “maghi”: «Galgalath, Magalath, Sarachim» (i nostri re magi). Il codice è autorevolmente studiato. Meno le sue poesie liturgiche: un unicum nel Giudicato di Carali, e più in generale nella Sardegna duecentesca, a parte i codici liturgici di Oristano. La antologia , ancorché minuscola, è significativa; ho così pensato di battezzarla come: la Silloge di Santa Igia.
I poeti presenti sono Ildeberto Cenomanense (dalla diocesi di Le Mans, in latino Cenomanensis ) e Adamo di San Vittore, nonché un versificatore anonimo, che denominerò l'Anonimo di Santa Igia. Nel convegno che si svolge oggi a Cagliari presso la Facoltà Teologica - con la sapiente orchestrazione di Antonio Piras, illustre latinista e vicepreside della stessa facoltà - si sviscera l'agiografia sarda. Di certo meritano un approfondimento anche i santi e le festività universali vivi nell'Isola. La Silloge di Santa Igia è una rara fonte originale. Nella prima poesia di Ildeberto Cenomanense - «Helisabeth genitrix» - si evoca la famiglia della Madonna: Elisabetta, cugina di Maria, Anna la madre, nonché Giovanni, il Battista, cugino di Cristo. Dello stesso Ildeberto segue un inno sui “due Giacomi”, ossia: Giacomo di Zebedeo, uno dei dodici apostoli, detto il “Maggiore” per distinguerlo dall'omonimo, Giacomo di Alfeo, detto il “Minore”. Si allude anche al culto di Giacomo Maggiore in Galizia («Gallitieque»): Santiago di Compostela è meta di uno dei principali pellegrinaggi del cristianesimo.
Un altro inno ricorda il martirio dei dodici apostoli - da san Pietro («In cruce Petrus») - spaziando tra Roma, Armenia, Gerusalemme, Etiopia. I versi sulla Madonna, Stella maris, sono stralciati da un inno natalizio. Ma chi era Ildefonso Cenomanense? Fu detto anche Ildeberto di Lavardin, suo borgo natale. Vescovo di Le Mans - e poi arcivescovo di Tours - Ildeberto, fu prolifico poeta; morì nell'1134. Ma la perla principale della Silloge di Santa Igia è la sequenza per il Natale Splendor patris et figura, di Adamo di San Vittore: il massimo poeta latino del Medioevo, morto nel 1146. Il suo nome deriva dal monastero di San Vittore, nel suburbio di Parigi (l'odierna Boissise-le-Roi): un faro della cultura medioevale, da non confondere con San Vittore di Marsiglia. Il prestigio poetico di Adamo fu immenso. L'inno sul Natale, cantato e studiato a Santa Igia - di cui conosciamo la musica - è un capolavoro.
Infine, una chicca. La Silloge di Santa Igia riporta un inno locale, Sic domus ista. Attesta un poeta sconosciuto, quasi sicuramente un monaco vittorino marsigliese, l'Anonimo di Santa Igia, che si aggiunge ad un altro versificatore, che denomino l'Anonimo Vittorino I, altro monaco di San Vittore di Marsiglia, che pose uno zampino nell'inno per san Saturnino e forse per quelli su sant'Antioco. L'inno dell'Anonimo di Santa Igia suggella la consacrazione della Chiesa di Santa Maria in Cluso; probabilmente i versi erano dipinti nelle pareti della chiesa. Questi testi innografici - tra oralità e scrittura - rappresentano gocce di un mare magnum liturgico, musicale, letterario, in buona parte sprofondato per sempre nell'oblio dei secoli.
Giampaolo Mele