FONDAZIONE SEGNI. Processo al centralismo regionale
«Ma non sia la capitale nel deserto» Capitale di un deserto: che soddisfazione ci sarebbe? Eppure Cagliari corre questo rischio, se non riesce a far crescere insieme a se stessa un'intera Isola. Il monito - senza intenti iettatori - è la sintesi migliore del convegno organizzato nel capoluogo regionale dalla Fondazione Antonio Segni, e che già dal titolo (“Sardegna: ma c'è solo Cagliari?”) entrava a colpi di spada sul nodo delle tensioni tra i vari territori. Rinfocolate dai dibattiti sulle riforme degli enti locali e della sanità.
RISCHI «L'accentramento regionale è stato in parte inevitabile, anche per la spinta nazionale a tagliare i costi», premette l'ex parlamentare e leader referendario Mario Segni : «Ma se la Regione non pianifica una strategia di sviluppo di tutta la Sardegna, tra un po' rischiamo di avere gran parte della popolazione sarda attorno al capoluogo e, per il resto, una semidesertificazione».
Per questo, precisa Segni, «siamo qui a porre il problema anzitutto alla classe dirigente cagliaritana, alla capitale dell'Isola. Uno sviluppo equilibrato è interesse di tutti». Guido Melis , studioso della pubblica amministrazione ed ex deputato, rispolvera un concetto efficace: «Non ci si salva da soli. Cagliari ha una leadership morale e politica che nessuno può contestare, anche perché nella ricostruzione del dopoguerra è stata capace di compiere un ammirevole balzo in avanti. Ma se il resto della regione si impoverisce, si impoverisce anche la sua città-guida».
STRATEGIE Il discorso si può fare dalla prospettiva opposta, con esiti simili: «In un'Isola ancora in cerca di una sua identità», riflette il deputato dei Riformatori Pierpaolo Vargiu , intervenendo all'iniziativa nella sala conferenze dell'Unione Sarda, «Cagliari rappresenta magari uno strumento debole. Ma è l'unico che abbiamo. A tutti i sardi direi: usate Cagliari, può essere l'elemento di trascinamento comune. Rafforzatela, perché così abbiamo la speranza di essere tutti più forti». Dal punto di vista della Giunta regionale «bisogna stare attenti agli iperlocalismi, che creano difficoltà», avverte l'assessore agli Enti locali Cristiano Erriu : «In Sardegna abbiamo tre Barbagie, io provengo dal Basso Sulcis che è cosa diversa dal Sulcis in generale, e così via». Il suo collega alle Riforme, Gianmario Demuro, ritiene necessario «recuperare uno sguardo d'insieme, con un riequilibrio territoriale e dell'uguaglianza tra cittadini. Un ospedale in ogni paese non si può, ma un'uguale tutela della salute di ogni cittadino sì».
«Cagliari - conclude l'ex ministro Arturo Parisi - è un motore potente, un grande attrattore. Ma è da tempo in atto una sorta di bradisismo: un lento scivolamento in basso di alcuni territori, mentre altri si sollevano, e alla fine ruzzoleremo tutti verso le coste e il sud dell'Isola. Il cagliaricentrismo è difficile da negare. E il riconoscimento di un'unica città metropolitana potrebbe aumentare lo squilibrio».
Giuseppe Meloni
I sindaci
Una o due aree metropolitane: opinioni opposte
«Fin dai Romani l'organizzazione territoriale della Sardegna era imperniata su due poli al nord e al sud. E c'era un vicerè spagnolo sia nel capo di sopra che nel capo di sotto». Il sindaco di Castelsardo Franco Cuccureddu conosce la storia e, all'iniziativa della Fondazione Segni, la utilizza per respingere l'idea di una Sardegna monocentrica, quella che verrebbe fuori dalla creazione di una sola area metropolitana, a Cagliari.
Il leader dei sindaci sardi, Pier Sandro Scano , ha opinioni un po' diverse: «Capisco i dubbi dei vari territori, sono fondati. Del resto, se davvero c'è solo Cagliari», ragiona il presidente dell'Anci Sardegna, riprendendo il titolo del convegno della Fondazione, «alla fine non c'è neppure Cagliari. Non credo però che il tema sia quello della moltiplicazione delle aree metropolitane. Il problema semmai richiede una soluzione in termini di riequilibrio generale». Anche perché «un'idea di sviluppo per poli è fallita: in Italia, nel Mezzogiorno e pure in Sardegna. Mi sembra però che riaffiori nel piano di sviluppo della Regione». (g. m.)