Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cinema In sala “La nostra quarantena” Ma in quella nave abita la speranza

Fonte: L'Unione Sarda
2 ottobre 2015

 

C agliari in festa per l'arrivo di Papa Francesco apre “La nostra quarantena”, sesto film del regista Peter Marcias. Oltre largo Carlo Felice, chiassoso e traboccante di gente, si staglia la nave Kenza, gigante muto e silenzioso che galleggia su un mare placido e scuro. A bordo ci sono 15 marinai marocchini che protestano, ormeggiati in porto, perché lasciati senza stipendio dal loro armatore. È cronaca vera, come la cornice in cui la storia s'inserisce e con cui stride: le prime immagini - quelle del tripudio - sono mosse, sgranate e nostalgiche perché riprese con la “super 8” di Salvatore (Moise Curia), studente universitario mandato da Roma nel capoluogo sardo dalla docente Maria Mercadante (Francesca Neri) per documentare la vicenda dell'insolito ammutinamento; quelle della Kenza sono sempre nitide e ferme. Il contrasto tra la gioia dell'accoglienza e il silenzio stagnante che sembra avvolgere chi è arrivato dal mare, enfatizza il senso di indifferenza che, pur dominando la storia, non ne rappresenta la morale. Nonostante il «pessimismo necessario» dei giovani marocchini e dei loro coetanei sardi e italiani, la fame di lavoro, l'impossibilità di realizzare sogni e di programmare il futuro, l'amalgamarsi di grandi solitudini, “La nostra quarantena” «parla soprattutto di fratellanza e, in un periodo di crisi di valori, non nega la speranza. Cagliari qui mostra una straordinaria capacità di solidarietà». La chiave di lettura è offerta proprio dal regista che ieri, insieme a Moise Curia e allo sceneggiatore Gianni Loy, ha inaugurato il tour sardo del film. Iniziato al cinema Odissea di Cagliari, si svolge in contemporanea a Sassari, Oristano, Nuoro e Carbonia.
Come nasce l'incontro con la storia raccontata nel film?
«Sono partito dalle pagine dell'Unione Sarda. Giravo uno spot nel quartiere cagliaritano della Marina, quando lessi della vicenda. Mi sono spostato subito al porto. Qui è nata la mia collaborazione con Stella Maris (alla prima di ieri c'era il presidente Piero Pia, ndr. ), l'associazione che si occupa di naufraghi del mare e che ha aiutato l'equipaggio della Kenza. Così ho conosciuto la storia dei 15 marocchini. L'idea serafica di sciopero che portavano avanti mi ha sorpreso, era diversa dalle proteste dei minatori e dei pastori a me più familiari. Per mesi ho ripreso manifestazioni e conferenze stampa. Poi ho sentito l'esigenza di integrare la narrazione, girando una parte di fiction».
L'incontro professionale con Francesca Neri è straordinario, così come lo è stato quello con Piera degli Esposti a cui ha dedicato un documentario.
«Come regista, nonostante mi piaccia molto raccontare anche l'universo maschile, ho avuto la fortuna di imbattermi in grandi donne. Ho raccontato anche Liliana Cavani. In questa storia Francesca Neri è molo importante. Mi serviva un personaggio bello e forte, un corpo immenso, capace di riempire la scena. Moise Curia ne fa da contraltare. Sembra gracile, ma il suo personaggio tira fuori una forza straordinaria».
Salvatore, lo studente universitario che Curia interpreta, è la parabola della speranza che ciascun giovane dovrebbe incarnare e dei sogni che - parola di Marcias, 38 anni a dicembre - non bisogna smettere di inseguire.
Manuela Arca