Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Memorie di guerra e speranze tradite

Fonte: L'Unione Sarda
7 settembre 2015


A Marina Cafè Noir ieri in primo piano le vicende
di singoli individui travolti dal vortice della Storia -

 

V icende individuali nel vortice della storia, al centro del primo incontro domenicale di Marina Cafè Noir, al Terrapieno di Cagliari, tra Fabrizio Lo Bianco e Franco Arba. Presentati da Marco Mostallino i due autori hanno attinto alle pagine dei loro libri e, senza alcuna difficoltà, visti gli eventi, alla cronaca.
Si è parlato delle guerre, passate e presenti, e dei loro effetti collaterali e della speranza - vana- che finalmente cessino. Il protagonista di Franco Arba , nelle pagine di “Dicono che domani ci sarà la guerra”, affronta il primo e il secondo conflitto mondiale, l'ascesa del fascismo e il ritorno alle armi in una Sardegna che ha visto morire molti suoi figli nelle trincee e si è ritrovata, col ritorno della pace, amaramente impoverita.
“La guerra di Toni”, romanzo di Fabrizio Lo Bianco, non racconta di soldati ma di un ragazzino talmente atterrito dai bombardamenti del 1943 da rifugiarsi dentro una grotta e in un apparente persistente mutismo.
Marco Mostallino, conduttore dalle idee chiare, accenna alla memoria, alla dignità, alla coscienza. Alla Libertà, tema fondante dell'intero Festival, conquistata e minacciata. Da cosa? Dall'ignoranza, dalla povertà, dalla paura. Dalla scarsa o menzognera informazione, dagli interessi economici, dalla difficoltà di sapere, o capire, cosa esattamente succeda attorno a noi. Franco Arba, pubblicato da LiberAria, è nato a Nuoro, vive a Bologna, è laureato in Storia con master in Archivistica, fa un lavoro che non ama molto e ha pochissimo tempo libero: «Per me, afferma, scrivere è respirare». Fabrizio Lo Bianco, illustratore e sceneggiatore di fumetti, ringrazia la sua casa editrice, la Rizzoli, per la fiducia che gli ha dimostrato. Per lui, che ha raccolto la preziosa testimonianza di suo suocero e frugato negli archivi, scrivere è un'azione terapeutica. «Stavo male quando ho cominciato a narrare di Toni, del cinico giornalista che lo va a scovare, di una Cagliari sepolta dalle macerie. Alcuni dei fatti che riporto sono veri e li ho immessi nella trama. Quando ho terminato il testo, ero guarito».
Alessandra Menesini

Carcerati tra i libri,
i passanti davanti
alle opere di Nivola
e i migranti sardi
le mostre

 

M oltissime parole e non poche immagini, nel programma di Marina Cafè Noir. Intorno alla Signora Libertà, utopica creatura cui è dedicato quest'anno il Festival, si stende una rete d'incontri, laboratori, seminari, reading, concerti. Tutto in pochi surriscaldati giorni, quasi un contraltare, questa celerità, alla calma forzata dei detenuti del carcere di Buoncammino fotografati da Rosi Giua. Al Caffè Savoia una sequenza in bianco nero di volti, mani, oggetti di un gruppo di persone che per due anni hanno letto e messo in scena i testi di Alda Merini, Nazim Hikmet, Dylan Thomas, Dino Campana. Poeti dalle vite spesso faticose proposti agli ospiti della galera per iniziativa dell'Associazione Tusitala. Scatti asciutti e precisi, per captare gli effetti dei libri che mettono “La libertà sulle parole”. Ancora di Rosi Giua la serie dedicata invece agli effetti delle sculture di Costantino Nivola sui passanti che si fermano nel piazzale del Palazzo Regionale. Per niente inibiti dalle litiche Madri, e intenti a qualsiasi prosaica attività. In fondo, Antine questo voleva, che ci fosse amicizia tra la sua arte e la vita. Allestita alla Mem, “Vivere Nivola” si accompagna in biblioteca a “Altre impronte”, reportage firmato da Rosi Giua e Alec Cani sulle passate edizioni di MCN. Al piano superiore, un assaggio di “Diversamente Migranti”, selezione curata da Giacomo Pisano con uno scatto di Uliano Lucas e i ritratti di AAVV. Un anticipo, perché i visi di molti di coloro che dalla Sardegna se ne sono andati tornano - separati da uno specchio che riflette i visitatori - sulle vetrate del padiglione del Giardino sotto le Mura. ( al. m. )