Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La strada come una prigione

Fonte: L'Unione Sarda
7 settembre 2015


I protettori sorvegliano a distanza le giovani rumene e nigeriane - Tante petizioni invocano controlli, ma i residenti aiutano le ragazze: «Fa male vederle così»

 


Le gambe sono due stecche, lei è biondissima, un fenicottero della strada. Lo scorso anno si è beccata la broncopolmonite e ancora non ha riacquistato i chili persi, sembra che si spezzi, mentre aspetta i clienti vicino ai cassonetti, a Cagliari. «Ho cercato di aiutarla, nel mio piccolo, quando è stata male le portavo latte e miele», racconta una giovane residente del quartiere di Sant'Avendrace. «Nessun nome, per favore, meglio non far innervosire i protettori delle prostitute. Non ho idea di quale organizzazione ci possa essere dietro. So solo che queste sono ragazze semplici, alle mamme che stanno in Romania raccontano: sto facendo la cameriera, torno presto. Me lo hanno detto loro. Una mi ha mostrato la foto della figlia, prima che tornasse a casa le ho dato un regalino».
LA PIETÀ C'è tanta gente che non si volta dall'altra parte, quando le vede in strada. Singoli cittadini che non giudicano e provano a capire: «Parlano poco ma basta un sorriso e si aprono, viene fuori il loro lato umano». Un signore, sopra i sessanta, si è accorto tempo fa che una ragazza stava male: c'era troppo freddo, tremava. L'ha accompagnata al pronto soccorso, nei giorni successivi le ha portato le medicine. Poi lei è sparita: il ricambio è continuo, Cagliari non è tra le città più ambite, a Roma sì che si guadagna.
ASPETTANDO IL SOLE Natalia, seduta da sola su un gradino in via Po, aspetta i clienti, lo smartphone le fa compagnia. Ci mette un secondo a fidarsi: «Sono laureata in matematica, ho un progetto da realizzare in Romania, sto cercando di aprire una fattoria didattica». Dalla strada vuole andare via, gli affari non vanno neppure benissimo, la concorrenza di chi lavora in appartamento - racconta - si fa sentire. «Fanno cose che noi non facciamo qua, molto diverse, noi usiamo sempre la protezione, loro spesso non lo fanno. Questa è una grande differenza. Cinesi, anche molte sarde lavorano così, so bene dove sono gli appartamenti».
LE STORIE Katalina, trucco alla Cleopatra, porta sempre con sé una sedia e sgranocchia pistacchi. «Negli appartamenti vanno gli uomini sposati, io lavoro solo in strada. Però non mi faccia foto, la mia famiglia sta qua, in Sardegna». Dopo cinquanta secondi il tono cambia: «Non venire mai più qua da me», una macchina passa lentamente, non c'è un cliente a bordo. Il controllo è serrato, ogni presenza sospetta viene monitorata da occhi mimetizzati nella notte. Nel piazzale Trento una ragazza mora nemmeno vuole essere avvicinata, prende subito il cellulare, fa una chiamata e compare immediatamente un'auto alle sue spalle. Girare alla larga.
Le nigeriane sono un po' più nascoste, nelle traverse di viale Elmas e viale Monastir, dove accendono fuochi. Una di loro lascia il gruppo di ragazze bellissime e va incontro alle auto di passaggio. Il controllo è sempre stretto, sono le ragazze dell'Est che tendono però a ribellarsi più facilmente.
LE PETIZIONI I residenti delle zone rosse presentano periodicamente petizioni a Comune e Prefettura: «Nulla contro le prostitute», dice Matteo Boi, titolare della tabaccheria di via Flumendosa, attivo nella raccolta firme. «Umanamente ci fa male vederle così. Sono povere ragazze, donne da tutelare, è il mondo che le circonda il problema, dai clienti agli sfruttatori». In strada riecheggiano le richieste di informazioni sul listino prezzi. Non tutti sono sordi.
Mariangela Lampis