La denuncia dei sindaci: costretti ad aumentare le tasse ai cittadini
Lo Stato cerca di risparmiare e lo fa chiudendo i rubinetti dei trasferimenti per i Comuni, ormai sull'orlo del baratro. L'Anci Sardegna, insieme alle associazioni di enti locali Cal, Aiccre e Asel, lancia l'ennesimo grido d'allarme perché la situazione diventa sempre più grave a causa della difficoltà di chiudere i bilanci.
LA SCURE Il Governo nega alla Sardegna più di 45 milioni di euro ai quali si aggiunge il taglio di 15 milioni del Fondo unico regionale degli enti locali. A pagare le spese sono i cittadini perché i sindaci sono costretti a eliminare servizi che vanno dal sociale all'istruzione. Il taglio dei fondi rischia di dare il colpo di grazia ai piccoli centri perché diventa difficile, se non addirittura impossibile, finanziare attività che riescono a tenere vivo un paese. Si profila un «autunno caldo», dice il presidente dell'Anci, Piersandro Scano, «se la Regione non mette mano al Fondo unico si aprirà una fase di conflitto abbastanza dura».
CONSEGUENZE La riduzione degli stanziamenti costringe i sindaci a fare salti mortali prima di tutto per chiudere il bilancio e poi per garantire i servizi minimi alla cittadinanza. Non sempre è possibile perché «nel mio Comune», racconta Scano, «ho tagliato scuolabus, aumentato il prezzo dei pasti per le mense scolastiche e tagliato il sostegno per l'acquisto dei libri».
Tagli, operazioni di bilancio che si traducono in difficoltà nella vita di tutti i giorni per le persone che pagano le tasse (sempre più pressanti) e in cambio si ritrovano servizi insufficienti o inefficienti. Inoltre, la pressione fiscale per i cittadini aumenta: «Nei Comuni sino ai 2.000 abitanti c'è stato un incremento in tre anni di 628 euro annui di tasse pro capite», spiega Scano.
Una situazione paradossale che si scontra con gli annunci di salvaguardia dei piccoli centri e di lotta allo spopolamento. Questo perché oltre i servizi essenziali risulta difficile «finanziare l'associazionismo che, soprattutto nei paesi piccoli, è promotore di attività», sottolinea il presidente Anci.
LA REGIONE A quelli dello Stato si aggiungono altri tagli operati dalla Regione che «ha impegnato solo il 95% del Fondo unico. Si tratta di ulteriori 25 milioni di euro», dice Scano. A questo si aggiunge l'impossibilità di dare corpo al Fondo delle povertà (30 milioni di euro) perché «ai Comuni non è stata ancora comunicata la cifra per ogni amministrazione».
La posizione assunta dall'Anci non è di scontro ma si tratta piuttosto di «un avvertimento», dice Scano, che aggiunge: «Stanno emergendo i problemi causati dal pareggio di bilancio e una gestione debole della vertenza entrate».
IL PATTO Questa situazione di precarietà minaccia i rapporti tra Anci e Regione. È lo stesso Scano a definire i ruoli: «Il Fondo unico per gli enti locali non è una concessione ai Comuni. Si tratta dell'insieme delle leggi che ne prevedono il finanziamento». Dunque, nessun cappello in mano ma, piuttosto, un diritto che i sindaci reclamano in maniera decisa. Per evitare lo strappo Scano propone un «patto per condividere risorse e risparmi, se dall'altra parte non ci sarà la volontà allora valuteremo».
IN TRINCEA Diventa inevitabile per i sindaci sentirsi soli, esposti alle continue richieste dei cittadini e abbandonati dallo Stato che «ci tratta come se fossimo un intralcio», lamenta Tore Sanna, presidente Aiccre. «La situazione è drammatica e non si possono fare soltanto politiche ragionieristiche». Il presidente del Consiglio delle autonomie locali, Giuseppe Casti, descrive una situazione in cui «lo Stato ci taglia i finanziamenti e noi sindaci siamo costretti ad aumentare le tasse senza però riuscire a colmare le lacune, anche perché molti tributi vanno nelle casse statali».
Il presidente dell'Asel e sindaco di Gesico, Rodolfo Cancedda, lamenta il fatto che «dopo la chiusura delle scuole, per il dimensionamento scolastico, non sono ancora arrivati i pullmini».
Matteo Sau