Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Consiglio, altri ribaltoni in vista»

Fonte: L'Unione Sarda
27 luglio 2015

Ma i partiti non lavorano alla riforma: finora c'è solo una proposta sulla doppia preferenza

Agus (Sel): legge elettorale poco chiara, mi aspetto nuovi ricorsi

Ormai l'hanno capito pure i bambini che questo sarà un Consiglio regionale mutante. La legge elettorale voluta dal Pd e dal Pdl (che hanno così potuto cementare le rispettive gloriose alleanze) ha azzerato i sogni dei partiti poco avvezzi a unioni di facciata ed è perciò diventata la porta girevole da dove - sino alla fine della legislatura - potrebbe entrare e uscire qualche altro consigliere. Consiglieri a scadenza, come gli yogurt.
Venti i ricorsi piovuti finora contro la norma, e mentre nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha accolto le pretese di tre candidati mandando nel contempo a casa quattro eletti - il presidente Gianfranco Ganau si è rifiutato di riunire i legislatori (come si fa quando uno scranno resta vuoto?), l'Assemblea allo sbando ha trovato riparo sotto l'ombrellone e, in tutta questa confusione, a noi cittadini restano giusto un paio di certezze: la legge elettorale è scritta male, il referto dei giudici è scritto peggio. «Questo è evidente, ma in attesa dei pareri è necessario che il parlamento dei sardi torni a riunirsi al più presto: qui si sta creando un deficit di democrazia», avvisa Francesco Agus, consigliere di Sel e presidente della Commissione Autonomia e riforme.
I ricorsi («altri ne verranno, è altamente probabile»), i pareri legali, il valore dei precedenti, «sono tutte cose che si devono vedere a parte, ma questo scaricabarile deve finire: bisogna, ma entro oggi, nominare il quarto consigliere e dare modo al Consiglio regionale di riavviare i lavori». Visto che il presidente Ganau allarga le braccia e l'Assemblea è rimasta col dito in bocca, chi dovrebbe agire? «Potrebbe farlo l'ufficio elettorale che deve procedere al conto dei resti».
E così cominciamo a vederle, le magagne di questa legge elettorale finora soltanto denunciate dai movimenti esclusi e dalle donne relegate a damine di compagnia. Finora, comunque, nessuno dentro il Palazzo (se non a parole) ha avviato le revisioni necessarie della norma che penalizza, sottolinea Agus, «la rappresentanza delle minoranze, delle donne e dei territori».
L'unica proposta di legge - per l'introduzione della doppia preferenza di genere nella norma statutaria - è stata presentata qualche mese fa, prima firmataria Anna Maria Busia del Centro Democratico. Ovviamente se lo ricordano tutti cos'era accaduto nel giugno 2013 quando in Consiglio si discuteva dell'emendamento contro la doppia preferenza: passò col voto segreto chiesto (apertamente) da Mario Diana e invocato (di nascosto, e perciò vigliaccamente) da molti del centrosinistra. I precedenti contano, soprattutto in fatto di uomini. Figurarsi di uomini politici.
Comunque sia, una prima proposta di revisione alla legge elettorale c'è, per il resto invece solo parole. Il presidente dell'Assemblea legislativa regionale, ad esempio, si è espresso in più di un convegno. «La legge elettorale è pessima - ha avvertito Gianfranco Ganau - e va sicuramente riscritta».
Persino dal centrodestra si mostrano aperti alle manutenzioni straordinarie. «Fatta salva la governabilità che questa norma garantisce - ha puntualizzato il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis - si può anche discutere di un allargamento della rappresentanza, anzi è tutto sale che aiuta il buon funzionamento della politica».
Michele Cossa, dei Riformatori, parla di «legge elettorale vergognosa (loro non l'avevano votata, ndr ), che dev'essere subito cambiata». E avverte: «Abbiamo anche pronti i quesiti referendari, ultima spiaggia se il Consiglio dovesse persistere nella sua ignavia. Ma chiederemo lo stesso ai sardi di pronunciarsi attraverso una petizione». Tre i punti da modificare: «Primarie obbligatorie per la scelta del candidato alla presidenza, introduzione della doppia preferenza di genere, e infine una soglia di sbarramento che garantisca la rappresentanza solo a chi ha un minimo di consenso».
Piera Serusi