Danza La ballerina, strepitosa a cinquant'anni, conquista il pubblico cagliaritano
Sylvie Guillem, questo è l'ultimo spettacolo
S i potrebbe cominciare dalla fine. Dal titolo della coreografia con cui la divina e cartesiana Sylvie Guillem, saluta l'altra sera il numeroso pubblico del Lirico di Cagliari, alla fine in piedi e adorante con un'esaltante standing ovation.
“Bye”, dello svedese Mats Ek, come tutti sanno, significa arrivederci. Una parola che va in direzione opposta al pas d'adieu firmato dall'étoile parigina con lo spettacolo “Life in progress”, e che in qualche modo, lascia sperare che forse la rivedremo ancora: naturalmente non più come ballerina, ma chissà, in altra veste. Del resto, il mondo della danza, non può fare a meno di lei, della sua figura, delle sue idee, del suo esempio. Lei, sempre pronta a indicare nuove vie e a cambiar rotta con coraggio. Sempre un passo avanti a tutte. Trasvolata con il passar del tempo, dal classico al contemporaneo, con quel meraviglioso corpo filiforme ed elastico che madre natura le ha regalato, e che i fan ancora oggi continuano a divorare con i loro sguardi.
Nel lavoro di Ek, la ferrea, rivoluzionaria e pluripremiata Sylvie (l'ultimo grande trofeo, tre anni fa, alla Biennale Danza con la consegna del Leone d'Oro alla carriera), offre un assolo bellissimo su musica di Beethoven, in cui la ballerina entra ed esce da uno schermo-specchio che al suo interno custodisce la vita vera, abitata da persone e animali. Poetico, ora giocoso ora introspettivo, il pezzo, sprigiona tensione e memoria, sospensione e quotidianità, paura e curiosità, ricerca di qualcosa, o di qualcuno, e comune destino.
Anche l'assolo che apre la serata, “Techne”, dell'anglo-indiano Akram Khan, consegna una Guillem dalla presenza magnetica e totalizzante, ritratta mentre si muove vorticosamente nel buio della scena, intorno a una sorta di albero metallico e luminoso. Una danza tattile, avvolta dalla musica dal vivo di un violinista un percussionista presenti in scena, che si snoda in un percorso di energia, di qualità che esplodono un poco alla volta, si sviluppano e si esauriscono per rinascere in nuovi impulsi e variazioni, tra sciabolate di braccia e movimenti a terra, guardinghe esplorazioni di tensioni ed equilibri, stasi e dinamica.
Non è tutto. In “Here & Atfer” del britannico Russell Maliphant, Sylvie è splendida anche in duo con la brava Emanuela Montanari, solista del corpo di ballo della Scala. Una coreografia ricca di tecnicismi, sincretica, non narrativa, aperta a tutte le possibili spinte contemporanee e di altre latitudini, in cui la danza partecipa al rimescolio tra i generi, con frasi di movimenti che si ripetono, prese, contatti. Un passo a due miracolo di densità, energia, flussi dinamici, velocità, armonia, dove la bellezza del corpo in movimento, risalta all'interno di un fitto reticolo di linguaggi collegati tra loro. Cattura.
E cattura anche il lavoro che Forsythe creò quasi vent'anni fa, “Duo”, e che ora ritroviamo interpretato da due uomini, Brigel Gjoka e Riley Watts, impegnati a indagare il tema della dualità e della diversificazione del doppio, nel tempo e nello spazio.
Carlo Argiolas