Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Servitù militari, Emergency dice no

Fonte: La Nuova Sardegna
29 giugno 2015

L’incontro nazionale a Cagliari. Cecilia Strada: «L’isola paga un prezzo altissimo. Porteremo la vostra protesta oltre mare»


CAGLIARI Una guerra in casa, ambigua e permanente, che si combatte nell’isola da 50 anni. Si è parlato di servitù militari, ieri, al teatro lirico di Cagliari, nell’ambito dell’incontro nazionale di Emergency. Trentacinquemila ettari di Sardegna sacrificati alle basi militari, il 61% delle servitù nell’intero territorio nazionale, Cagliari tra gli 11 porti italiani individuati per l’attracco di sommergibili nucleari, terreni sulle coste e fondali marini impossibili da bonificare. Dati che parlano di uno stato di guerra e che, tuttavia, faticano ad attraversare il mare. «Da più di 20 anni ci occupiamo di tutte le guerre, anche di quelle meno visibili, le più striscianti, come quella che si combatte in Sardegna che, come tutti i conflitti, colpisce, soprattutto, i civili. Abbiamo deciso – dice Cecilia Strada, presidente di Emergency – di unire la nostra voce a quelle di chi da anni combatte contro le basi e di portare oltre i confini dell’isola, con i nostri volontari, un problema che non può essere solo dei sardi che già pagano un prezzo altissimo al sistema guerra». Al dibattito, aperto dal documentario sul poligono interforze di Quirra “Materia Oscura”, di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, e coordinato dal giornalista Giacomo Serreli, hanno partecipato Mariella Cao, del Comitato Gettiamo le Basi, Vincenzo Migaleddu, di Medici per l’ambiente, Maddalena Brunetti, giornalista, autrice di “Lo sa il vento”, libro inchiesta sul poligono di Quirra, Enrico Lobina, del circolo Me-Ti, Ciro Auriemma, del collettivo scrittori Sabot, e Silvano Tagliagambe, flosofo della scienza. «La lotta della Sardegna – denuncia Mariella Cao – in Italia è praticamente sconosciuta. Se ne occupano di più in Francia e in Germania, dove la Merkel ha dovuto rispondere in parlamento dell’incidente a Capo Frasca, cosa che non è successa nel nostro parlamento. Dobbiamo liberarci dell’etichetta infamante di “paradiso di guerra”, perché senza l’apporto della Sardegna, nessuna guerra, nel bacino del Mediterraneo, sarebbe possibile». Il ruolo strategico della Sardegna, viene messo in luce da Maddalena Brunetti: «I poligoni sardi messi insieme – sottolinea – rappresentano il fronte interno più grande d’Europa. Qui sono stati testati gli schemi bellici impiegati negli ultimi 50 anni. Eppure, esiste una propaganda che passa attraverso i luoghi comuni sulla presenza militare in Sardegna e che racconta una verità smentita dai fatti. Si dice che i poligoni hanno protetto le coste e l’habitat naturale, però centinaia di ettari sono inquinati e altrettanti sono stati distrutti dagli incendi. Si parla di manovre eseguite in sicurezza, quando sono state trasportate armi a bordo di navi di linea, si è sfiorato il disastro aereo a Decimomannu e l’incidente nucleare a nord dell’isola». A dire cosa significa vivere con le basi in casa, interviene, dal pubblico, una ragazza giovanissima. «Mi chiamo Carlotta – dice – vedo i carrelli degli aerei militari che si aprono sopra la mia casa. Non si può capire la paura che viviamo, fin da piccoli. Ci dicono che le basi portano lavoro. Allora perché i paesi che le ospitano sono così poveri?». Conclude Cecilia Strada: «È normale – chiede – che una ragazza dica “viviamo nella paura fin da piccoli”? No, non è normale». (f.t.)