Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Qui nessun deposito»

Fonte: L'Unione Sarda
8 giugno 2015

A Cagliari manifestazione davanti al palazzo del Consiglio regionale Scorie, prove di rivolta
 

Antonietta Cabras è arrivata con la comitiva di Villacidro, sessanta tra giovani e pensionati intruppati sul pullman granturismo noleggiato per l'occasione. Partono quando c'è da manifestare, e chissenefrega dei chilometri: sono stati a Macomer contro l'inceneritore di Tossilo, a Quirra contro le basi militari e ieri erano a Cagliari per questa protesta contro il deposito delle scorie nucleari, alle volte al Governo non venga davvero in testa di piazzarla in Sardegna, la discarica radioattiva. Lei, 64 anni e un piglio da combattente, sistema la coccarda gialla sul petto, si aggrappa al deambulatore e avanza in mezzo alla folla. «Certo, sono qui anche se ho problemi di salute. Lo faccio per i miei nipoti, per ricordare loro che non devono farsi incantare dalle promesse di soldi e di lavoro se in gioco c'è la nostra terra».
Erano in centinaia, ieri mattina, davanti al palazzo del Consiglio regionale. Pensionati come Antonietta Cabras , studenti universitari come Elisa Ventura e Michele Salis, e laureati senza lavoro, impiegati, mamme con i bimbi in braccio, papà che spingevano il passeggino, attivisti delle associazioni ambientaliste e dei comitati NoNucle che hanno organizzato il raduno nelle piazze dell'Isola.
Mancavano loro, i consiglieri regionali e i politici che credono basti un comunicato stampa per fare le battaglie e che nella giornata di sole hanno preferito andare al mare. Sicché, mentre da altre piazze giungeva la notizia della presenza del presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau e dell'assessore all'Ambiente Donatella Spano (contraria al deposito delle scorie ma appassionata di inceneritori), qui c'erano giusto il senatore Luciano Uras (Sel), il presidente dell'Anci Pier Sandro Scano , il segretario del Psd'Az Giovanni Columbu , e poi Claudia Zuncheddu (Sardigna Libera), Pier Franco Devias (ex A Manca), Doddore Meloni (Meris). Il presidente Francesco Pigliaru ha fatto arrivare il suo messaggio: «Il no alle scorie è un no deciso, che non lascia spazio ad alcuna negoziazione. La nostra ricchezza è il nostro ambiente».
Così, in attesa che il Governo sciolga la riserva (15 giugno) sulla lista delle regioni ritenute idonee ad ospitare il deposito unico nazionale, ieri l'Isola ha dato un primo assaggio di mobilitazione. «Tanta gente, ma forse i sardi stentano a credere a ciò che potrebbe accadere - sottolinea Giovanni Columbu -. Perché dico questo? Perché considerata la minaccia gravissima e inaccettabile, oggi saremmo dovuti essere molti di più».
Alle 11 in punto, il ringhio dei fischietti, il trillo dei cellulari, l'ululato delle sirene. Via Roma viene bloccata, i manifestanti si distendono sul lastricato come scudi umani. Pochi minuti di messa laica, poi tutti in piedi. «Dobbiamo fare il passaparola, spiegare in famiglia, al lavoro, in paese quel che potrebbe accadere», suggerisce Bruno Martingano , 49 anni, impiegato di Quartucciu. Quel che stanno facendo Michele Salis ed Elisa Ventura , 25 e 23 anni, studenti universitari di Assemini. «Il futuro che vogliamo è quello di una terra dove l'ambiente è un patrimonio».
Luca Murtas , cagliaritano di 28 anni, laurea in Fisica e un impiego in una società informatica, mette in guardia sulle possibili lusinghe, posti di lavoro in cambio del sì.
«I sardi non avrebbero alcun beneficio. I tecnici, ad esempio, arriverebbero da fuori visto che in Sardegna non si fa più alcuna formazione. Prima avevamo le scuole di Fisica medica per la radioprotezione, oggi - spiega - non ci sono più le borse per gli specializzandi». È l'avviso lanciato anche da Mariella Cao , di Gettiamo le basi; ed è la riflessione di Pierluisa Castiglione , 70 anni, insegnante in pensione, che ha fatto le coccarde gialle per i soldati di questa battaglia. Una se l'appunta al petto Maria Fatima Cadoni , 56 anni, impiegata postale di Cagliari, che con la sorella Anna e alcuni amici ha fondato l'associazione “L'uomo che pianta gli alberi”. Vanno dov'è passato un incendio, racconta, e di alberi ne hanno piantato già cinquemila. «Siamo tanti, a ogni spedizione anche trecento. Figuriamoci se possiamo sopportare una cosa come le scorie nucleari». C'è chi intona il canto di un ballo tondo e la protesta diventa una danza.
Piera Serusi