Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«È papa Francesco l'erede del pensiero di Gramsci»

Fonte: L'Unione Sarda
4 giugno 2015


Leggendo Metropolitano Il filosofo Diego Fusaro e le idee dell'intellettuale sardo

 

 


N on ha dubbi: l'unico erede del pensiero gramsciano oggi è papa Francesco. A Cagliari per “Leggendo Metropolitano”, il giovane filosofo Diego Fusaro sarà stasera alle 19, al Bastione di Santa Croce, a dirci che per «riprenderci il presente, dobbiamo saper raccogliere l'eredità di Gramsci». Al quale ha dedicato il saggio “Antonio Gramsci”, un libro con una copertina parlante: si leggono sagoma del viso e occhialini ma a dar corpo all'intellettuale sardo sono le parole rivoluzione, politica, lavoro, speranza, volontà, riscatto.
Il volto del suo Gramsci è pieno di messaggi forti, ma lei parla di pensiero “fecondamente inattuale”.
«Nel pensiero di Gramsci c'è certamente una fecondissima inattualità in cui paradossalmente risiede l'attualità delle sue idee. È inattuale perché è disallineato a un presente dominato dal “cretinismo economico”; è fecondamente disomogeneo e difforme perché ci ricorda una serie di passioni nobili come il coraggio, la ricerca di un'ulteriorità nobilitante, una città futura in cui l'uomo finalmente realizzi le sue possibilità: tutte cose che sembrano essere fatalmente uscite dall'orizzonte, in un tempo dominato dal fanatismo dell'economia».
“Cretinismo economico”: è il nostro destino?
«Gramsci ci insegna che non c'è destino, ma tutto è determinato dall'attività e dalla pratica degli uomini. È il testimone della mobilitazione del pensiero critico: è questa la sua attualità, che si oppone alla volontà di calcolare e di risolvere i problemi sempre e solo sul piano della quantità e della cifra, rimuovendo qualsiasi dimensione culturale e politica».
Ottimismo della volontà, pessimismo della ragione. È la chiave giusta?
«C'è una lettera molto bella che Gramsci manda dal carcere, nel 1927, ai suoi cari: mi sono convinto, dice, che anche quando tutto è, o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all'opera ricominciando dall'inizio. Non esiste l'ineluttabilità nella praxis gramsciana».
Eurocrazia.
«Per ovvie ragioni anagrafiche, Gramsci non ha conosciuto l'Unione Europea, ma possiamo criticare l'istituzione con categorie gramsciane. Banche e moneta unica l'hanno spoliticizzata e il capitale si è imposto. C'è un cesarismo finanziario: non votiamo da parecchio tempo e abbiamo davanti una questione meridionale su scala europea».
Come vede i movimenti riassunti alla voce populisti?
«Il populismo nasce dal dominio del capitalismo: è la delegittimazione di chiunque non sia organico, e la parola ha un significato altamente ideologico. Soprattutto segnala un problema nell'Unione Europea».
Esistono ancora le categorie destra e sinistra?
«Non esistono più nella misura in cui dicono le stesse cose, c'è l'accettazione del mercato Ue e del dominio Usa. Oggi la dicotomia è tra il fanatismo economico e il primato degli uomini liberi e uguali. Per questo bisogna ripartire dagli insegnamenti di Gramsci e Marx, risvegliando la massa chiusa nella caverna di Platone, mentre il capitalismo finanziario celebra la sua orgia».
Gramsci diceva: odio gli indifferenti. L'indifferenza è la cifra del momento?
«Indifferenza, rassegnazione, fatalismo fanno tutti parte di una costellazione unitaria. Non si può fare nulla, oppure non c'è più nulla da fare. A questo atteggiamento Gramsci opponeva la sua rabbia appassionata, il suo essere partigiano. Lo dice nel saggio scritto a Torino nel 1917 in cui la parola odio è indice di passione, resistenza. A maggior ragione oggi che indifferenza e fatalismo generano tragedie».
Lei è giovane, ma anche filosofo. Come vede i suoi coetanei?
«Per i giovani si può parlare di Terzo Stato precario, flessibile, migrante. Sono quelli senza il posto fisso ai quali viene suggerito di migrare nella bellezza della globalizzazione, senza dire che vanno a fare i lavapiatti a Londra o a Parigi. I veri indifferenti, purtroppo, sono loro».
Le piace papa Francesco?
«È l'ultimo allievo di Gramsci oggi rimasto a parlare di alienazione e sfruttamento. C'è solo la voce come quella del Papa a riaffermare la dignità umana e del lavoro, contro i crimini del finanzcapitalismo».
Gli intellettuali esistono?
«La parabola dell'intellettuale è scandita in tre fasi: l'intellettuale organico dentro al Pci, Gramsci; l'intellettuale non organico e solo, come Pier Paolo Pasolini; poi c'è la decadenza degli intellettuali che sono i dominati della classe dominante, guidata dal capitale. È come un branco di pesci, politicamente corretto, che segue la scia. Io non mi sento un intellettuale».
Caterina Pinna