MARINA. Marco Marini: «Comune già condannato dal Tar, pronti a fare un altro ricorso»
Tempo scaduto: il Comune, nella persona del sindaco Massimo Zedda, aveva 90 giorni di tempo per intervenire contro l'inquinamento acustico nel quartiere Marina. Glielo imponeva la sentenza di condanna emessa dal Tar della Sardegna il 28 gennaio scorso. «Il termine scadeva il 5 maggio scorso: la Giunta non ha attuato quella sentenza», attacca Marco Marini, ex assessore regionale (Giunta Cabras, primi anni '90) ed ex presidente del comitato “Rumore? No grazie”, agguerrito leader della protesta per la quiete nel quartiere affacciato sul porto. La delibera firmata l'altro giorno dal sindaco, a suo giudizio, non ottempera a quella sentenza. «E noi siamo pronti a depositare un altro ricorso al Tar», aggiunge.
“Noi” indica un gruppo di residenti esasperati, grosso modo gli stessi che lo scorso autunno depositarono il primo ricorso, «anticipando di tasca circa 30 mila euro che, nonostante il Tar ci abbia dato ragione, non ci verranno rimborsati». Quel ricorso, dopo tre anni di rilevamenti acustici privati e 3.000 misurazioni fonometriche realizzate dall'Arpas, le une e le altre d'accordo nel rilevare valori di rumore troppo alti alla Marina, ha portato alla sentenza. Il loro obiettivo è il varo di un piano di risanamento acustico («Il Comune è tenuto a farlo ai sensi della legge 447 del 1997, come gli ha ricordato la Regione dopo i rilevamenti dell'Arpas») e, né più né meno, la revoca delle autorizzazioni ai locali che restano aperti di notte e a quelli che hanno tavolini all'aperto.
«Tra piazza Santo Sepolcro, via Dettori, piazza Dettori e le scalette Santa Teresa - calcola Marini - ci sono 500 posti a sedere: ogni sera è come se si svolgessero tre ricevimenti matrimoniali in contemporanea. Dopo la pedonalizzazione, il quartiere è diventato un luogo d'attrazione per rumorose compagnie di giovani, l'alcol scorre a fiumi e, come dimostrano le cronache, anche la droga. Certe attività non sono compatibili con il diritto dei cittadini alla salute. E puntare solo su quelle è una scelta miope: portano turismo di bassa qualità e di breve permanenza».
Da un lato ci sono le ragioni dell'economia e i posti di lavoro, dall'altro la salute. Marini descrive le conseguenze della mancanza forzata di sonno: donne che hanno subito un tracollo nervoso, bambini che la mattina hanno difficoltà a stare svegli a scuola, case che hanno perso valore sul mercato, grande consumo di sonniferi. «Davanti alla tutela della salute non ci sono ragioni economiche che tengano», dice: «Nella sentenza di gennaio, il Tar richiama l'articolo 32 della Costituzione. E a Taranto i giudici hanno fermato l'Ilva».
L'ordinanza con cui il sindaco ha imposto la fine degli spettacoli musicali entro le 24 e il divieto di vendere alcolici da asporto (o girare per le strade con alcolici) dalle 22 alle 6 non placa l'ala dura del movimento anti-fracasso. «L'ordinanza è nulla», dichiara Marini: «Quel tipo di provvedimento può essere ammesso quando ci sono urgenze non previste né prevedibili. Ma il rumore nel centro storico è un fatto ricorrente. In più, il sindaco non fa né ciò che gli imponeva la condanna del Tar (cioè eliminare con urgenza i pericoli per la salute dei cittadini) né ciò che gli ha chiesto la Regione sette mesi fa (cioè fare un piano di risanamento acustico). Quello che si doveva fare, all'indomani della condanna, era varare un piano che recepisse, finalmente, i limiti fissati dalla legge-quadro del '97 e li adeguasse ai vari quartieri. Invece, i divieti fissati da questa delibera sono gli stessi che l'anno scorso non hanno impedito di superare, di notte, i 70 decibel. Con la differenza che, da allora, hanno aperto i battenti altri 4-5 locali».
Marco Noce
Allarmante rapporto Aea
Troppi decibel,
pericolo mortale:
lo dice l'Europa
La parola chiave è salute. Perché il rumore non è solo un fastidio ma una minaccia. La sentenza del Tar che quattro mesi fa ha dato ragione a Marco Marini, Maria Laura Ferrau, Enrico Marras, Maria Ester Cosentino e Stefano Marongiu contro il Comune parla di «eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente» ed è fondata su misurazione acustiche e fonometriche fatte da periti dei ricorrenti ma anche dell'Arpas. Quelle misure certificano che, in alcune strade della Marina, la notte, si raggiunge un livello di 70 decibel, mentre il limite fissato dal piano acustico, l'unico approvato dal Comune, 21 anni fa, è di 50 decibel («che è già alto: l'Organizzazione mondiale della sanità indica il limite notturno in 40 decibel»).
Venti decibel di differenza non sono una bazzecola: ogni tre decibel il volume di un suono o di un rumore raddoppia; 20 decibel in più significa rumori sette volte più forti del consentito. «È come se, in una strada dove il limite di velocità è di 90 chilometri l'ora un'auto passasse a 630 all'ora», chiosa Marini.
Secondo il rapporto “Noise in Europe 2014” dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea), pubblicato lo scorso dicembre, oltre 125 milioni di europei, uno su quattro, sono esposti a livelli di rumore superiori alle soglie di tolleranza prescritte dalla normativa Ue ed è per questo vittima di disturbi alla salute sia diretti che indiretti. I numeri sono impressionanti. Il rumore ambientale, secondo l'Aea, è causa di circa 43 mila ricoveri, 900 mila casi di ipertensione e quasi 10 mila morti premature ogni anno. (m. n.)