Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

In 880 nella terra promessa

Fonte: La Nuova Sardegna
1 giugno 2015

Salvati al largo della Libia saranno ospitati nell’isola. Tante famiglie e bimbi


di Alessandra Sallemi

CAGLIARI Stanno seduti la maggior parte con le coperte addosso, entrano nelle tende dove verranno fotosegnalati e a mano a mano che procede il lavoro della polizia nelle capanne grigie della protezione civile, gli interpreti, altri agenti, i volontari e gli operatori della prefettura compongono nuclei familiari e gruppi a seconda delle etnie e dei luoghi di provenienza. Sono tanti, 880, il più grande arrivo di migranti della storia recente della Sardegna. Negli anni scorsi ci sono volute intere stagioni per mettere assieme un numero così alto di extracomunitari: poi nell’ultimo mese il balzo in avanti. Ma mai tanti come stavolta. Al freddo e senza cibo. Ci sono anche 30 bambini, due neonati, 118 donne, un microcosmo di esigenze delicate e particolari che viaggiavano invece come tutti gli altri senza cibo né acqua, al freddo in gommoni e in un barcone. Li hanno raccolti nel canale di Sicilia i mezzi italiani, irlandesi e tedeschi che sotto il coordinamento del Centro di soccorso nazionale della Guardia costiera agiscono per mandato europeo. Erano 3.300 in tutto, 17 sono morti nel tragitto. Per loro, ieri, quella del porto canale di Cagliari era la prima sponda d’Europa: la salvezza, il futuro, la possibilità di mangiare, di mandare a scuola i figli, forse di lavorare, al riparo da guerre, esecuzioni di massa, persecuzioni oppure miseria. Ancora ieri sera non trapelava nulla dell’identità degli 880 uomini e delle donne “assegnati” dal ministero dell’Interno alla Sardegna. Non si sa ancora insomma se, tra gli 880 migranti, ci sono anche i loro scafisti. Se ci sono, li troveranno, perché «la squadra mobile è organizzata per affrontare questa necessità, farà controlli accurati - diceva il questore Filippo Dispenza all’uscita del porto-. Questa non è più un’emergenza – ha aggiunto – è ormai un fatto ineluttabile». L’accoglienza. Con una tale consapevolezza si è messa in moto la macchina dell’accoglienza molto presto ieri mattina. Prima delle 9 nella prefettura di Cagliari era riunito il tavolo regionale di coordinamento. Screening sanitario, identificazione delle persone e distribuzione nelle strutture per l’accoglienza individuate negli ultimi mesi attraverso i bandi: questi i problemi da affrontare e risolvere senza incertezze. Ieri dai controlli medici è emerso che due migranti avevano una sospetta broncopolmonite e con le ambulanze scortate dalla polizia stradale sono stati accompagnati negli ospedali cittadini. Non erano impreparati gli operatori sardi perché il primo accertamento sulle condizioni di salute l’aveva fatto a bordo della nave da cui sono sbarcati – la Hassen – l’ufficio di sanità. Ma dal comandante tedesco sono arrivati comunque i complimenti: si vedeva che, a terra, sulla prima sponda d’Europa conosciuta da quei migranti, un’organizzazione c’era. Tutti con la mascherina andavano e venivano. Ai bambini servivano pannolini e cibo e dopo un po’ di tempo gli uni e l’altro si sono materializzati oltre lo sbarramento della polizia di frontiera. Sotto la nave militare tedesca c’era un’atmosfera che uno dei pochi ospiti ammessi nel campo ha definito “tranquilla”. Giornalisti a distanza, hanno superato lo sbarramento il presidente della Regione Francesco Pigliaru e l’europarlamentare del Pd Renato Soru. La distribuzione. Intanto in prefettura andava avanti il lavoro sui centri di accoglienza. Già in mattinata era stato annunciato che la metà dei migranti sarebbe rimasta nel Cagliaritano, 200 sarebbero andati nel Sassarese, 120 a Nuoro e 80 a Oristano. Cagliari capoluogo in un albergo ospiterà un piccolo nucleo, un secondo gruppo è stato destinato al centro di Elmas, per gli altri si dovevano aprire le porte di strutture a Carbonia, Villacidro, Uta, Vallermosa, Villanovafranca, San Nicolò Gerrei e Iglesias. I pullman sono partiti solo a tardissima sera, accertamenti di legge e anche solo la somministrazione della prima cena “in Europa” hanno richiesto tempi lunghi. Non è più un’emergenza: è cominciata ieri la formazione sulla gestione rapida dell’ineluttabile.