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In Sardegna stipendi e consumi in picchiata. Maglia nera per l’istruzione

Fonte: web SardegnaOggi.it
1 giugno 2015

 

In Sardegna stipendi e consumi in picchiata. Maglia nera per l’istruzione
È impietoso il focus del Crenos sull’economia nell’Isola. Nel 2013 redditi in calo del 4,2 per cento. Timidi segnali di ripresa soprattutto grazie al turismo, ma ultima regione italiana e quartultima in Europa nell'istruzione.


CAGLIARI – Numeri non certo confortanti, riferiti a più settori economici isolani, con qualche fiammella di speranza – rappresentata dal segno più – per altri. Il ventiduesimo rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, fotografa una situazione già nota, ma la condisce con i numeri. Il Pil va giù, il “paziente” scuola è ancora molto malato, va meglio – ma non troppo – per quei comparti che riescono ad abbeverarsi alla fonte economica che arriva da lontano: in parole semplici, il turismo. E, se in tutta Italia il divario tra nord e sud continua a essere altissimo, l’Isola al centro del Mediterraneo subisce in pieno il rinculo del divario nazionale.

La stima del Pil reale nel 2013 è di 29,2 miliardi di euro: il reddito prodotto è in forte contrazione (-4,2 per cento, in Italia è al -1,8). Ogni sardo, in media, guadagna in un anno 17689 euro, nel resto della Penisola la media è di 25mila e fischia. La spesa per l'acquisto di beni e servizi in Sardegna per abitante è di 13033 euro (quasi 2300 meno della media italiana), in calo del 4,1 per cento. Gli investimenti da parte delle imprese sono la grandezza che risente maggiormente della recessione: a livello nazionale le decisioni delle imprese di annullare o rinviare i piani di investimento implicano, per il 2012, 26490 milioni di euro in meno rispetto al 2011. In Sardegna il valore degli investimenti nel 2012 è di 5275 milioni di euro, che in termini pro capite si traduce in 3218 euro, in caduta di quasi dieci punti percentuali rispetto all'anno precedente (-8,7 per cento per l'Italia).

Non va meglio per l’istruzione: pur in miglioramento rispetto al 2009, la Sardegna mostra nel 2014 una percentuale di laureati tra la popolazione attiva pari al 13,1 per cento, persino in calo rispetto al 2012 (14 per cento). L’Isola è ultima fra le regioni italiane e addirittura 265esima (su 269) fra le regioni europee; la media dell’Europa (29,3 per cento) è più che doppia rispetto al dato sardo. Decisamente negativo appare anche il dato sull'abbandono scolastico tra i 18 e i 24 anni. La regione è nona su 269 regioni europee e seconda in Italia per tasso di dispersione: poco meno di un giovane su quattro (il 23,5 per cento) in Sardegna non termina gli studi superiori. Predomina l’incertezza nel mercato del lavoro, ma il 2014 offre alcuni elementi positivi: l’aumento del tasso di disoccupazione (18,6 per cento, poco più di 1 punto sopra il dato del 2013) e del numero dei disoccupati (da 115,7 a 125,5 mila), pur non rappresentando in sé un fenomeno positivo, deve essere correttamente interpretato alla luce dei movimenti che l'hanno determinato e quindi c’è da ridimensionarne la portata negativa.

Nel 2014 le imprese attive in Sardegna sono 143032, pari a 86 imprese ogni mille abitanti, valore superiore a Mezzogiorno e Italia (80,1 e 84,7 rispettivamente). La densità imprenditoriale diminuisce incessantemente dal 2009, quando era pari a circa 92: -1,2 per cento in media nell'ultimo quinquennio e -1,6 per cento tra il 2013 e il 2014, con variazioni a livello regionale uguali a quelle nazionali. Buoni segnali per commercio e turismo: il numero sostanzialmente costante degli occupati nasconde importanti differenze tra settori. In due casi queste differenze sono semplicemente di entità e di segno opposto rispetto alle variazioni del 2013: è il caso del settore del commercio, alberghi e ristoranti - i cui occupati recuperano nel 2014 le quasi 11mila unità perse nel 2013 – e del settore dell’industria in senso stretto che mostra un comportamento opposto perdendo i quasi 6mila occupati guadagnati l’anno precedente, evidenziando che la ripresa nel settore non fosse affatto permanente. Aumentano gli occupati anche il settore agricolo (circa 2,5 mila unità, +8,1 per cento e in controtendenza rispetto al trend quinquennale) e quello delle costruzioni (da 42 a 45mila unità, segno probabile di una ripresa all’orizzonte per il settore immobiliare per altro non ravvisabile a livello nazionale) ma ciò è compensato dalla diminuzione degli occupati negli altri servizi.