Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Brad Mehldau e l'incanto di un pianoforte

Fonte: L'Unione Sarda
5 maggio 2015


CAGLIARI. Il primo concerto

 


S ono trascorsi vent'anni da quando Brad Mehldau approdò a Cagliari per la prima volta. Nel luglio del '95, alla Fiera, il pubblico scoprì il suo nome nel gruppo di David Sanchez, dove figuravano altre giovani promesse, come Larry Grenadier e Clarence Penn. Oggi, il pianista della Florida, è una star assoluta del jazz, tra i massimi specialisti della tastiera e di una formula, quella del trio, di cui ha ridisegnato confini e potenzialità espressive, nonostante su di esso pesi una storia lunga e importante. Storia che ha in Bill Evans il suo vertice e le cui invenzioni si ritrovano in un'infinità di pianisti: Jarrett, Hancock, Corea e, proprio, Mehldau (dove Evans accumulava tensione armonica, il solista di Jacksonville sprigiona però una larga cantabilità melodica).
Insieme al contrabbassista Grenadier e al batterista Jeff Ballard, team ritmico di fantastica interazione con tutto ciò che capita nella musica, con i quali da tempo forma un gruppo che fila alla perfezione, grazie a una compatibilità assoluta e a una libertà di pensiero che li può portare ovunque, è sbarcato al Teatro Lirico (nella foto di Daniela Zedda ) per l'unico appuntamento in città dell'European Jazz Expo.
Di Mehldau, negli anni, si è scritto e detto molto. Lo stile, il suono, le influenze, il modo di pensare le composizioni, le modalità con cui ogni volta trasfigura standard o celebri brani rock o pop, sono passati sotto la lente d'ingrandimento di un'infinità di critici e jazzofili. Ancora adesso, a colpire, è una tecnica strabiliante costantemente al servizio dell'espressività, del contenuto emotivo profondo. Il tocco immediatamente riconoscibile, l'indipendenza perfetta delle mani, la mirabile capacità di incrociarle (rara nei pianisti d'oggi), i complessi intrecci melodici, la freschezza di idee, le strutture articolate dei temi. Senza scordare le reminiscenze classiche, il miglior mainstream attualizzato, l'esplicito senso ritmico, l'incessante lavoro di scomposizione e ricomposizione di armonie e melodie. Davanti a una platea attenta e numerosa, e con i formidabili compagni di viaggio che nei rispettivi strumenti valgono quanto il leader, si è immerso in un repertorio di originals ed evergreen del jazz e del pop. Da brivido.
Carlo Argiolas