Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Luci al Massimo con la poesia dei clown

Fonte: L'Unione Sarda
25 febbraio 2009




A volte il caso è più intelligente di ogni programmazione. E per una magica combinazione di date regala al Teatro Massimo di Cagliari uno spettacolo che non è prosa ma è poesia, è teatro e non è solo teatro. È musica, circo, emozione, è Slava's Snowshow . Lo spettacolo della neve di Slava. E sono bianchi, impalpabili come neve, quei rettangolini di carta velina che cadono sulla platea al termine dello spettacolo. Sparati da macchine accecanti al suono dei Carmina Burana imbiancano gli abiti del pubblico, coprendo poltrone e parquet. Per lasciare subito dopo il posto a giganteschi palloni di tutti i colori: invadono la sala per lunghi minuti, finché non resta vuota, accompagnati dalle mani degli spettatori che giocano. Via via vieni via di qui , canta Paolo Conte, ma nessuno sembra desideroso di andarsene. Gioca l'assessore Pellegrini che sembra il più felice di tutti, gioca il sindaco Floris, coinvolto da una delle tante invasioni in sale dei clown. Lo hanno ricoperto di cappotti, ignorando chi fosse, e lui ha accettato di buon grado lo scherzo. A una signora hanno rubato una scarpa, un'altra è stata costretta (ma sembrava felice) a saltare da una poltrona all'altra, un'altra ancora è finita sull palcoscenico, protagonista di una delle tante gag che hanno fatto questo incredibile spettacolo. Così perfetto per un teatro che rinasce, così perfetto per un martedì grasso di spensierata follia.
Lo spettacolo era cominciato con mezz'ora di ritardo, il Massimo solo ieri ha avuto l'agibilità dai vigili e solo in tarda serata ha consentito agli attori dello Slavas'Snow show di provare. Ma ne è valsa la pena. Quando il pubblico è entrato in sala è stata un'emozione fortissima. Rieccolo il Massimo, così diverso, così irriconoscibile, così uguale a come l'avevamo lasciato. Uguale perché è teatro. E quale altro luogo dell'anima, se non un teatro, può regalarti le emozioni di ieri sera? In quale altro luogo ottocento persone ritornate bambine possono godere di farsi avvolgere da una gigantesca tela di ragno che parte dal palco e arriva all'ultima poltrona?
Ieri al Massimo che rinasce è passata l'ala misteriosa dell'infanzia. La magia, fatta di musica, molta bellissima musica, di colori, di suoni, portata in scena da un pugno formidabile di clown. Il protagonista vestito di giallo con le babbucce rosse, i suoi sette amici dalle lunghe orecchie vestiti di verde. Due mondi che si incontrano e si fondono, dalle prime battute: il clown giallo è triste, vuole morire, ma la corda che tiene in mano è troppo lunga. E alla fine della corda c'è qualcuno che la tiene. Vuole uccidersi anche lui, così diverso. Uniranno le loro solitudini e vivranno, a volte tristi, a volte felici. È la metafora della vita, dell'incontro, della forza che ti viene dagli altri, uguali o diversi. E chissà cos'altro è ancora. Cercare di capire non ha senso, ha senso lasciarsi andare al flusso di emozioni. Lasciarsi stupire da un caleidoscopio onirico che solo Chagall saprebbe regalarci, commuovere da una poesia che non è mai triste. Perché quando comincia ad esserlo muta registro e diventa comicità. È la lezione di Chaplin e di Marceau, di Barrault e di Petrolini, evocato da quell'irresistibile gag degli applausi a comando. Grandi mimi, grandi clown, per uno spettacolo che non si può raccontare. Dove il momento più alto, forse, è l'incontro tra il nostro clown e un manichino con abiti femminili. Per una incredibile intreccio di tecnica e poesia il manichino si anima e accarezza l'uomo, lo abbraccia, gli dice addio. Due ore di teatro puro, tutto da vedere. Si può, fino a sabato. Peccato che non sia consentito ai bambini al di sotto degli otto anni. Questioni di sicurezza. O forse di opportunità: riderebbero troppo di quegli adulti tornati bambini nel teatro della loro infanzia. Tra quei bambini-adulti, ieri, c'era anche la più fedele abbonata del Cedac: Tota Mainas Ricci, classe 1920. Nella sua lunga vita ha frequentato il Politeama Margherita. il Civico, il Massimo, l'Arena Giardino, il Lirico, l'Alfieri. E ora è di nuovo qui, a giocare col teatro.
MARIA PAOLA MASALA