Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I soldi che mancano all'Isola: tutti i tagli di Stato e Regione

Fonte: L'Unione Sarda
31 marzo 2015

La denuncia dei Comuni sardi: 316 milioni in meno e «Roma non risparmia» I soldi che mancano all'Isola:
tutti i tagli di Stato e Regione Quanto costa ai comuni sardi la crisi del Paese? O meglio, quanto costano ai municipi dell'Isola i sistemi inventati dai governi nazionali (e regionali) per uscire dalle sabbie mobili? Oltre 316 milioni negli ultimi tre anni. Cifra unica per più voci: la spending review, il decreto Irpef (che copre i famosi 80 euro in busta paga), l'Imu agricola, sul versante Stato. Il taglio al Fondo unico e la riduzione del Fondo povertà, sul fronte Regione. Non è certo il quadro completo delle sottrazioni, ma un eloquente - e «drammatico» - indicatore. Che serve «a fare chiarezza sulla situazione reale delle casse comunali», traduce Pier Sandro Scano, presidente dell'Anci Sardegna.
Il nodo di fondo è che, per vie dirette e indirette, paga il piccolo. E soprattutto il piccolo che sente sul collo il fiato del cittadino. Lo dicono i numeri, diligentemente trascritti, comune per comune, dall'Associazione degli enti locali della Sardegna e dal Consiglio delle autonomie locali. Utili anche davanti alle notizie spicciole che volano quotidianamente e che spesso «travisano la realtà»: l'arrivo di un finanziamento è una rondine, fatte le somme si capisce che la primavera è lontana. Lontanissima. Di questo passo «si muore».
Ed ecco le cifre. La spending review, uno degli strumenti principali che lo Stato brandisce per chiedere di contribuire a ridurre il debito pubblico, ha tolto ai municipi sardi, nel triennio 2013-2015, poco meno di 254 milioni. A Cagliari più di 32, a Nuoro e Carbonia 5 milioni e mezzo, a Oristano 6 milioni, a Sassari 16, a Olbia 10 milioni e mezzo. Il decreto Irpef ha “mangiato” più di 35 milioni scatenando la battuta più facile: chi paga gli 80 euro gentilmente offerti da Renzi?
Poi l'Imu agricola, che nel gioco a perdere di taglia-e-compensa è costata ai Comuni (non a tutti, ovvio) 14 milioni e mezzo. Quanto alla Regione, i colpi di forbice sul Fondo degli enti locali col pacchetto accise per l'energia elettrica-personale ex comunità montane hanno cancellato quasi 12 milioni. Infine la riduzione del Fondo povertà, che riguarda una ventina di comuni: a Cagliari quasi 600 mila euro in meno, a Nuoro 59 mila, a Oristano 50. Ci sarebbe un accordo «per armonizzare» i conti, si lavora a una legge sugli enti locali, ma «non credo che il quadro possa cambiare», avverte Scano. Il problema è nella somma generale. E in una considerazione fin troppo evidente: la Legge di stabilità nazionale e la Finanziaria regionale strozzano i comuni. «Nessun giudizio politico», precisa Scano. E qualche distinzione: «Chiaro che alcuni tagli regionali sono determinati da quelli nazionali». Sottrai a me e io sottraggo a te. Una specie di responsabilità limitata, se è vero che «il Fondo unico per due anni complessivamente ha tenuto. Ora c'è un'erosione», ma senza quel baluardo sarebbero scomparse anche le bandiere dei municipi. La Regione però deve fare qualcosa di meglio, e intanto «ripristinare il Fondo sui livelli del 2014».
Il fatto è che «i comuni hanno contribuito in maniera esagerata al risanamento della finanza statale», insiste Scano. Col dato più clamoroso: i trasferimenti sono diminuiti di oltre il 50 per cento. In certi casi la cifra è ancora più pesante. «Lo abbiamo detto al ministro Alfano: riferisca al Consiglio dei ministri che siamo al collasso». Tanto più davanti a certi sforzi di fantasia del governo, come (sempre a carico dei comuni) il cosiddetto Fondo crediti di dubbia esigibilità: difficoltà a mille, burocrazia sotto pressione e scarsi risultati. Finale, «ulteriore riduzione della capacità di spesa».
La prassi è nota, attacca Tore Sanna, presidente dell'Aiccre Sardegna: «Il governo dà incarichi a destra e a manca. Si fanno lunghi elenchi di tagli potenziali, che non razionalizzano ma alimentano la pressione sul territorio». Dove non c'è scelta: «Bisogna chiudere servizi importanti. Ad esempio i presidi di sicurezza». Risultato: «Non resta in piedi un solo processo di visione federalistica. Rimane un centralismo senza la vitalità di sistemi più rigorosi ma seri, come quello francese». Una sottolineatura di Scano completa il discorso: «La Corte dei conti ha certificato nel 2013 un incremento della spesa degli organi centrali dello Stato di 70 miliardi». Si risparmia in periferia, non a Roma.
Cosa chiedono l'Anci e le altre associazioni? Il Patto di stabilità va eliminato», dice Scano: «È un pazzesco esercizio di autolesionismo. Un contributo formale ai conti dello Stato». Nei comuni italiani ci sono 10-15 miliardi di fondi disponibili che non possono essere toccati: «Assurdo». Si può anche malignare: l'oceano mancante di soldi non finisce per essere una copertura per le amministrazioni incapaci? «Nei comuni, soprattutto in quelli piccoli e medi, la gente sa chi sei», risponde Scano: «Il Comune è l'organo più verificabile dai cittadini».
Roberto Cossu