Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

L’orchestra inciampa su Ciajkovskij

Fonte: La Nuova Sardegna
17 marzo 2015


A Cagliari luci e ombre nel primo concerto della Stagione sinfonica del Lirico


 


di Gabriele Balloi wCAGLIARI Esordisce con 1.150 abbonati la “tardiva” Stagione sinfonica dell’era Spocci al Teatro Lirico. Certo non sono i 1.300 dell’anno scorso, quando ancora nemmeno era partita la vera e propria campagna abbonamenti, saliti poi a circa 2.000. È vero anche che, in un periodo ugualmente difficile, la Stagione firmata Faelli e Maimeri (all’epoca rispettivamente maestro del coro e direttore di programmazione) proponeva nomi come Tate, Brunello, Schellenberger o Vernikov. Ma alla luce del recente flop «Da Le Roncole al Nuraghe», si temevano cifre ben peggiori. Adesso, chissà, potrebbe pure giovare l’aver prorogato fino al 21 marzo la promozione abbonamenti, decurtati ovviamente del costo relativo al concerto inaugurale. Quest’ultimo, nei giorni scorsi, tutto su Ciajkovskij. Tutto sul legame tra eros e thanatos. Dal tragico epilogo di Giulietta e Romeo, coppia shakespeariana per eccellenza; al dramma cruento di Paolo e Francesca nell’op.32; fino alla condizione dello stesso Ciajkovskij, omosessuale nell’Ottocento, impossibilitato a vivere la propria affettività amorosa, sublimò per l’ultima volta ogni suo anelito nei tumultuosi slanci e nello spleen lacerante della «Sinfonia n.6». Premesso ora che solitamente l’orchestra del Lirico è più che mai apprezzabile sul repertorio russo, dispiace stavolta non riscontrarne la medesima qualità. La direzione di Alexander Vakoulsky ottiene forse il risultato più equilibrato e coerente nell’ouverture-fantasia «Romeo e Giulietta». Giusto la cavata degli archi è a tratti un po’ scura, opaca, ma nell’insieme fraseggio e bilanciamento delle parti sono abbastanza efficaci, con particolare rilievo dei legni che spiccano spesso per luminosità timbrica. Punctum dolens, invece, l’esecuzione della fantasia sinfonica «Francesca da Rimini». I passaggi virtuosistici dell’assieme orchestrale rischiano talvolta di sfaldarsi; le vertiginose terrazze di suoni, gli infernali maelstrom che Ciajkovskij mette in partitura non hanno tutta la sicurezza, incisività e compattezza necessarie: si perdono accenti ritmici, si tira indietro il tempo, s’indugia laddove si dovrebbe essere più perentori. Fa eccezione comunque l’elegiaca sezione centrale (corrispondente al racconto di Francesca), sentita e ben “declamata”. Proprio qui cominciano tuttavia alcune défaillance degli ottoni, stranamente fuori forma: difficoltà, più d’una volta, a realizzare buoni “attacchi” in piano o anche solo in mezzo-forte. Sorprende addirittura qualche stecca. Problemi ritrovati poi, almeno in parte, nella Sesta Sinfonia dove, purtroppo, si coniuga la bellezza di sonorità anche vellutate (violini e violoncelli in primis) a scelte dinamiche o espressive tutto sommato non sempre avvincenti.