Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Una sconfitta per tutti

Fonte: L'Unione Sarda
17 dicembre 2014


Commento

 

Francesca Barracciu *

La vergognosa vicenda della scuola elementare di Cagliari, dove ad un bambino, per oltre 20 giorni, è stato impedito di prendere parte alle lezioni nella classe nella quale ha compiuto tutto il suo percorso di studio, trovandosi costretto a cambiare istituto perché ritenuto socialmente pericoloso, mi lascia stupefatta e mi obbliga moralmente e politicamente a chiedere direttamente al Ministro Giannini un chiarimento urgente sulle responsabilità di questo episodio.
Urge una forte presa di posizione del MIUR ed una azione efficace per ripristinare il diritto costituzionale, sia nei confronti del bambino che della sua famiglia.
Se un alunno di dieci anni può essere definito “terribile”, mi domando quali aggettivi si possano usare nei confronti dei dirigenti scolastici comunali e regionali che, nell'incapacità di gestire la situazione di un singolo bambino, non trovano migliore soluzione di “abbandonarlo”, chiedendogli di trovarsi un'altra sistemazione e fallendo quindi nel più importante mandato che dovrebbe avere chi si occupa di scuola.
La scuola dell'obbligo rappresenta una delle prime fondamentali tappe nel nostro percorso umano di crescita e di apprendimento del valore della convivenza pacifica, ed è inaccettabile che, al contrario, diventi il luogo dove un piccolo essere umano, colpevole di eccessiva vivacità, conosce il trauma dell'isolamento e dell'emarginazione. La mia esperienza di pedagoga mi insegna che questi alunni, nella maggioranza dei casi, con i loro comportamenti stanno mandando una richiesta criptata di attenzione, affetto e comprensione ai genitori, agli educatori e anche ai coetanei.
I bambini molto vivaci sono anche dei bambini molto sensibili, che più degli altri rischiano di essere schiacciati da quel tremendo macigno che è la sensazione del rifiuto, provocando, nella migliore delle ipotesi, un'accentuazione di questi atteggiamenti antisociali, che sedimentandosi negli anni li renderanno probabilmente individui ostili alla società che li circonda.
L'esito di questa vicenda si sta profilando come una sconfitta per tutti: per il sistema scolastico in primis, ma anche per tutti quegli adulti che hanno fatto di un bambino di 10 anni la vittima di una diffusa indifferenza e di un ingiustificato egoismo.
Il motto di Don Milani, uno dei più illuminati educatori del dopoguerra, era “I care“ ovvero “io ho a cuore”. Come politico ma soprattutto come cittadina mi auguro che non solo il sistema educativo italiano ma tutta la nostra società abbia sempre queste parole alla base della sua etica perché solo con bambini amati e compresi avremo degli adulti tolleranti e democratici.
* sottosegretario alla Cultura