Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Chang per Mendelssohn, la poesia è nelle sue corde

Fonte: L'Unione Sarda
9 febbraio 2009

Successo a Cagliari per la solista



Brillante e appassionato. Difficile dimenticare il Concerto in mi minore per violino e orchestra di Mendelssohn, così come lo forgia Sarah Chang, piegando suoni e accenti a descrivere stati d'animo e suggerire emozioni.
Venerdì al Comunale ogni sguardo, ogni attenzione è per lei. Non ha ancora trent'anni Sarah Chang, eppure sono circa venti che percorre il mondo interpretando il grande repertorio a fianco dei migliori direttori d'orchestra. Americana, nata a Philadelphia da genitori coreani, Sarah Chang si è da tempo scrollata di dosso l'immagine stereotipata dell'enfant prodige; ha imposto la sua maturità, grazie alla padronanza completa del suo strumento, da cui riesce a ottenere suoni impalpabili al limite dell'udibile, alternati ad altri con accenti vigorosi e incalzanti.
Nel suo concerto con l'Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari diretto da Ola Rudner, resta così impressa l'intonazione sempre perfetta e una pulizia di suono che aggiunge un tocco di freschezza alle fantasiose melodie di Felix Mendelssohn. E soprattutto l'intelligenza esecutiva che la porta a cercare in ogni momento appoggio e complicità con l'orchestra, catturando con lo sguardo l'intesa con il direttore.
Stretta nel suo lungo abito scintillante, si muove sul palcoscenico, spingendosi ora in avanti, facendo valere il suo personale punto di vista, ora arretrando tra l'orchestra condividendo tempi e attacchi del direttore. Una solista eccezionale che si affida ad arcate profonde, a un vibrato intenso, un virtuosismo elegante e frizzante. Scevra da ogni leziosità, con un'immediatezza che coinvolge. A tutto dà la sua personale visione che non si preoccupa di spostare accenti in funzione espressiva, di dare alle parti cantabili uno spirito inconfondibile e decisamente personale. E il pubblico, conquistato, la ricopre d'applausi, richiamandola più e più volte ma senza riuscire ad ottenere il bis.
Dopo Mendelssohn, il discorso torna alla sola orchestra, già unica interprete con l'Ouverture da concerto di Goffredo Detrassi, per posarsi su Beethoven e la sua Sinfonia n.4 in si bemolle maggiore op.60. Un mondo fatto di contrasti che Ola Rudner legge spesso in chiave romantica, rimarcando le variazioni dinamiche, soffermandosi sui toni soffusi dell'Andante. Con gesti ampi e sciolti guida l'orchestra in un'interpretazione minuziosa. La mano del direttore svedese si vede soprattutto nel minuetto, nell'eleganza raffinata, nella fluidità con cui dai toni delicati arriva alla veemenza dei toni più accesi. Carattere e personalità che emergono soprattutto nell'ultimo movimento in un lungo crescendo di tensione emotiva.
GRECA PIRAS

08/02/2009