Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Hotel disperazione nel cuore della Marina

Fonte: L'Unione Sarda
2 febbraio 2009

Via Sardegna. Viaggio nell'ex chiesa di Santa Lucia, rifugio di sbandati. Colonie di topi tra le rovine

I commercianti: «La strada è una latrina e non ci sentiamo sicuri»

L'ex chiesa è diventata il rifugio di sbandati. I commercianti chiedono più controlli di polizia e carabinieri.
L'odore acido dell'urina impregna le narici. Misto all'odore di gamberoni e carne arrosto che arriva dalle trattorie è come un pugno nello stomaco. Sul lastricato appena rifatto le tracce di quello che resta di abbondanti bevute. Non è un romanzo noir, popolato di fantasmi borderline che vivono di notte. È la fotografia di un pezzo di città terra di nessuno. E non siamo in un angolo sperduto di qualche periferia degradata, ma al centro di Cagliari. A due passi dal Comune e dalla Regione. In via Sardegna, in quello che vorrebbe essere il cuore del capoluogo, l'ex chiesa di Santa Lucia è diventata il rifugio di sbandati che vivono nel degrado totale. Basta affacciarsi, oltre le tavole del recinto, per vedere la discarica: materassi, sacchetti dell'immondezza, bottiglie, cumuli di terra e asfalto. Regno di topi, blatte e disperati.
HOTEL DISPERAZIONE L'ingresso dell'albergo dei disperati è in via Barcellona, all'angolo con via Sardegna. Un passaggio ricavato tra l'asfalto e le assi di legno della recinzione che, per evitare visite indesiderate, è nascosto dai cassonetti dei rifiuti. Ma basta spostare il contenitore metallico, inchinarsi, fare pochi passi a carponi per entrare in un altro mondo. Lo scenario fa viaggiare l'immaginazione: cosa sarebbero quelle rovine rimesse in sesto? Un valore aggiunto per cagliaritani e turisti in una città che vuol diventare la capitale del Mediterraneo. La fantasia sparisce di fronte alla desolazione: bottiglie, lo scheletro di quello che un tempo era un attrezzo per allenare gli addominali, frigoriferi. All'interno, un topo lungo venti centimetri, disturbato dall'intrusione, supera il fotografo e si rifugia in un pertugio, sotto un vecchio materasso dove qualcuno ha appena passato la notte. Alcune decine di passi tra le macerie che fanno da cornice agli archi ed ecco una scala a chiocciola che porta a una dependance dell'hotel disperazione. Lungo il passamano indumenti in attesa di un raggio di sole e, al primo piano di un locale senza finestre, nel senso che le aperture non hanno vetri, un giovane intento a preparare una canna . Sono le 10 del mattino. Non sembra particolarmente turbato del fatto che qualcuno stia visitando la sua casa.
ZONA INVIVIBILE «Qui non si può più vivere né lavorare. In quello spazio vanno a drogarsi, a ubriacarsi e poi fanno i bisogni agli angoli delle strade. Senza pudore, a qualsiasi ora del giorno e delle notte. Non si mettono problemi neanche di fronte a donne e bambini». I commercianti che gravitano in quel rettangolo abbandonato sono scoraggiati e terrorizzati. «Nomi e cognomi no. Per carità, ci manca solo che se la prendano contro i nostri negozi». Raccontano scene di paura. «L'altra sera una donna anziana è stata costretta a rifugiarsi nel mio negozio. La volevano rapinare». Delinquenti che non hanno paura di niente e di nessuno. «Il mese scorso un balordo è entrato nel negozio e ha chiesto soldi, altrimenti avrebbe bruciato il locale», dice un altro esercente della zona. «Chiediamo più controlli, qui polizia e carabinieri non passano mai». A pochi edifici di distanza un'altra esercente è meno radicale. «Ci vuole un po' di umanità. Tra le rovine dormono dei ragazzi e una giovane di appena 18 anni. Non hanno mai creato fastidi, se non di carattere igienico: vomitano e fanno i bisogni dove capita. Il problema va oltre e non c'è dubbio che questo scempio vada eliminato». La donna se la prende con l'indifferenza dei politici. «Di fronte alle macerie passano il sindaco, assessori regionali di tutti gli schieramenti, ma niente. Quando i croceristi appena sbarcati dal porto di via Roma si avventurano tra le stradine rimangono sbalorditi da tanto sfacelo».
LA STORIA Nel 1947, quando le ruspe comunali demolirono la chiesa di Santa Lucia, c'era appena il tetto da rifare. Il resto della struttura, costruita nel '600, era intatto. L'amministrazione di allora (guidata dal sindaco Crespellani) decise di raderla al suolo per allargare la strada e realizzare un grande viale di collegamento tra il Largo Carlo Felice e viale Regina Margherita. E in futuro realizzare anche una piazza. L'ex tempio è ancora intestato alla confraternita della Santissima Trinità e del preziosissimo sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Anche se l'associazione spirituale non esiste più dagli anni '60. La Curia ha avviato le pratiche per il passaggio dei beni alla parrocchia di Sant'Eulalia. Per ora l'unica istituzione ad aver speso soldi per Santa Lucia è la Sovrintendenza ai beni architettonici: 42.495 euro per lavori iniziati ad agosto 2007 e finiti qualche mese dopo. Da allora è un albergo per disperati.
ANDREA ARTIZZU

01/02/2009