Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Le severe linee così lontane dalle “cineserie”

Fonte: L'Unione Sarda
30 giugno 2014


I costumi di Marco Nateri

 

S i aprono su un orizzonte di pietra, le mura di Pekino, la “città violetta” che le scenografie di Pinuccio Sciola rendono bianca come le sue opere in marmo. E Turandot si mostra ai sudditi e all'ostinato Calaf tra le lamelle trasparenti e flessibili di una scultura - fortezza che la imprigiona e protegge. Sul palco del Lirico non ci sono vuoti, nella regia di Pier Francesco Maestrini. Anche quando la musica tace, la gestualità e il movimento continuano a narrare la storia di una donna che si è fatta crudele per troppa paura e quella di un'altra che per troppo coraggio va incontro alla morte.
Figure scure, sul luminoso pavimento alto e asimmetrico di una scacchiera che potrebbe essere la metafora del gioco pericoloso condotto dal Principe Ignoto dotato per gli enigmi.
Ci sono riferimenti molto precisi nei costumi di Marco Nateri e innumerevoli citazioni. Gli aiutanti del boia hanno corpi nudi dipinti con il testo di una poesia in caratteri cinesi, le ancelle, coperte di sete nuziali attraversate dal rosso, acconciature all'uso mongolo. Il Gran Cancelliere, il Gran Provveditore, il Gran Cuciniere- ovvero Ping, Pang e Pong - hanno divise che fanno pensare ai soldatini di piombo delle favole vere.
Liù, che si è innamorata di Calaf perché un giorno le ha sorriso, ha una lunga treccia nera e un abito senza connotazioni e quasi senza colore. Eppure Turandot, “fredda come la spada” affilata di continuo su una cote che funge anche da gong, ha rispetto soltanto di lei, della schiava che osa parlarle d'amore e sacrificio.
Neppure l'Imperatore suo padre, tremolante per vecchiezza in un immenso trono sbozzato nel (finto) basalto, ha la forza di opporsi all'ecatombe dei nobili pretendenti. Le luci di Simon Corder si fanno spettrali, nell'ultima scena. Poco prima hanno illuminato una metropoli deserta eppure insonne.
“Nessun dorma” in una notte di luna presidiata dalla teste mozze dei corteggiatori sfortunati, appese come monito a picche d'artista fatte di tubi Innocenti e pezzi di ferro.
Alessandra Menesini