Rassegna Stampa

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Turandot a Cagliari: una sfida superata a pieni voti

Fonte: web Cagliari Globalist
30 giugno 2014


L'opera di per sé non è di certo una scelta originale: la Turandot, melodramma rimasto incompiuto a causa della morte di Giacomo Puccini

di Francesca Mulas

La scommessa del Sovrintendente Meli, che ha fatto di questa "Turandot" (in scena al Teatro Lirico di Cagliari dal 27 giugno al 16 agosto) lo spettacolo di punta del cartellone, si è rivelata vincente. Merito sicuramente della intensa esposizione mediatica, del beneplacito di Philippe Daverio, venuto in pompa magna a presentare l'evento, dell'idea di fare uno spettacolo tutto "made in Sardegna" : merito anche, tuttavia, dell'alta qualità dello staff, delle maestranze e degli artisti. Tutto si è fuso in una messa in scena con luci ed ombre, ma sicuramente memorabile.

L'opera di per sé non è di certo una scelta originale: la Turandot, melodramma rimasto incompiuto a causa della morte di Giacomo Puccini nel 1924, è uno dei titoli più popolari del repertorio, e la celeberrima aria "Nessun dorma!", cavallo di battaglia di Luciano Pavarotti, è nota a grandi e piccini. Un po' meno conosciuta la storia, raccontata per primo dallo scrittore settecentesco veneziano Carlo Gozzi : quella di una principessa giapponese, Turandot, che, per vendicare una sua ava, decide di darsi in sposa solo a chi risolverà i tre difficili enigmi da lei inventati, pena la morte, e quella di un giovane principe tartaro, Calaf, che risolve gli enigmi ma che, non volendo avere Turandot con la forza ma con l'amore, a sua volta le propone come patto di scoprire il suo nome prima dell'alba. La vicenda avrà un lieto fine, musicato da vari compositori negli anni, fine che però a Cagliari non va in scena: si è scelto infatti di far calare il sipario laddove finisce la versione pucciniana, all'inizio del III Atto, con la morte della schiava Liù (personaggio non presente nella versione di Gozzi ma fortemente voluto da Puccini), innamorata di Calaf, che si uccide pur di non rivelare il suo nome, una scelta assolutamente filologica. Ma non è per questa scelta che tanta curiosità si è scatenata verso questa "Turandot": a renderla speciale vi sono le scenografie di Pinuccio Sciola, artista di San Sperate famoso per le sue pietre sonanti , alla sua prima prova con un allestimento lirico, per di più in Sardegna. Le pietre di Sciola accolgono lo spettatore sin dal piazzale antistante il Teatro, lo accompagnano nel foyer e nell'ex bookshop, nel quale vi è una mostra temporanea a loro dedicata, per prepararlo allo spettacolo vero e proprio. Anche se non si è avuta la tanto attesa apparizione del M° Sciola sul palco , l'idea è stata suggestiva: gli elementi della scenografia sono imitazioni in una scala amplificata delle sue pietre, sia la pedana (elemento fisso durante i tre Atti), come una specie di scacchiera scanalata sulla quale operano i personaggi, sia il trono sospeso dell'imperatore Altoum (come da foto, tratta dalla pagine Facebook del Teatro Lirico di Cagliari) sia le mura della città di Pechino, resa quasi futuristica nel III atto. Questa importanza anche architettonica della scenografia ben si sposa con la regia di Pier Francesco Maestrini, che ha voluto trasportare la Turandot in una dimensione atemporale, nel solco delle letture moderne, prendendo solamente il significato simbolico di una donna glaciale, dal cuore di pietra impenetrabile, che piano piano si scioglie grazie all'amore. Questa visione fuori dalla realtà è alla base anche di molte scelte attoriali, come ad esempio la caricatura in senso buffonesco dei ministri Ping, Pong e Pang, acrobati (grazie a delle controfigure) e dalla recitazione marcatamente comica, a sottolineare la loro origine, nella favola di Gozzi, come maschere della Commedia dell'Arte; o la caratterizzazione della stessa Turandot, personaggio fantastico anche grazie ai costumi del giovane sardo Marco Nateri. Da notare il simbolismo nel II atto, momento dello scioglimento degli enigmi, quando Turandot, da una manto nero, passa ad un manto bianco, simbolo sia della sua freddezza che della sua purezza, attraverso altre vesti dal colore verde (come la "Speranza", soluzione del primo enigma) e rosso (come il "Sangue", soluzione del secondo enigma). Unica nota stonata, in questo ingranaggio che funziona sorprendentemente bene, in questa Turandot monocromatica ma vivacissima, la proiezione di alcune immagini animate sullo sfondo, durante il I atto, che fanno di colpo ripiombare nella realtà una soluzione altrimenti perfetta nella sua trasposizione interiore.

La parte musicale è stata curata dal M° Giampaolo Bisanti, già a Cagliari nella passata stagione per l' "Otello", che ha saputo trarre il meglio dall'orchestra, trovando il giusto equilibrio fra slancio emotivo strumentale e funzione di accompagnamento vocale: Bisanti ha diretto in maniera impeccabile, coadiuvando anche il Maestro del Coro nella guida delle masse corali, nella Turandot particolarmente rilevanti, che si sono espresse al meglio (senza contare l'eccezionale bravura e tenerezza del coro di voci bianche, preparato dal M° Di Maira). Il cast è risultato molto buono, nonostante il cambio dell'ultimo minuto: è stato infatti annunciato che, a causa di un'indisposizione, il tenore Roberto Aronica - Calaf sarebbe stato sostituito dal cagliaritano Francesco Medda. Un peccato per Aronica, che alle prove generali aveva dimostrato ottime qualità vocali ed interpretative (e al quale rivolgiamo i migliori auguri, sicuri di rivederlo in scena il due luglio) ma una gradita sorpresa scoprire le doti di Francesco Medda. I due hanno un modo abbastanza diverso di cantare: mentre Aronica ha un timbro asciutto e preciso, Medda, cagliaritano di nascita e allievo del mitico Carlo Bergonzi, ha un modo di cantare "vecchia scuola", molto vibrato e meno comprensibile nella pronuncia. La voce è apparsa velata, a volte sovrastata dall'orchestra, sino almeno al II atto, e anche nella celeberrima aria "Nessun dorma!" è apparso un po' sottotono. Comunque una buona prestazione, vista soprattutto la chiamata all'ultimo momento e di conseguenza la celerità con la quale si è dovuto calare in questo allestimento. Una marea di applausi hanno invece lodato Carlo Cigni - Timur e soprattutto Maria Katzarava-Liù, entrambi eccezionali, soprattutto il soprano che ha ricevuto plausi a scena aperta dopo la sua prima aria "Signore, ascolta". Senza infamia e senza lode Maria Billeri-Turandot: presenza scenica importante, voce dal timbro spinto, ha un modo di cantare simile a Medda, molto vibrato e con le vocali molto aperte, piacevole o meno a secondo dei gusti. Nel complesso, uno spettacolo che lascerà il segno nella storia delle "prime produzioni" del Teatro Lirico di Cagliari.