Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Max Cavalera, il metal è vivo

Fonte: L'Unione Sarda
30 giugno 2014


Concerti Venerdì all'Arena Sant'Elia di Cagliari 

 

L a piccola grande storia di una band che negli anni ha saputo mescolare in maniera alchemica l'energia del death- metal, il furore dell'hardcore, il rap e i rimandi alle tradizioni popolari della propria terra, ovvero, il Brasile, scorre l'altra notte sul palco dell'Arena Sant'Elia di Cagliari per mano dei Soulfly, moderni gladiatori del rock, impegnati per novanta minuti in un corpo a corpo con una musica che ha la potenza di un colpo da K.O.. Un concerto (oltre 1200 spettatori) senza trucchi e senza fronzoli, come del resto era lecito aspettarsi dalla formazione guidata dal granitico Max Cavalera, la cui ispirazione è forte come un tempo.
Se il rock non è ancora morto, se il suo spirito originario ha ancora un senso al di là delle mode, dei lustrini e della nostalgia canaglia, se gli show dal vivo continuano a rappresentare il Sacro Graal di ogni fan che si rispetti, convinto che quella musica, quella serata, sia dedicata a lui e solo a lui, se riesce ancora, nonostante la crisi, a fidelizzare il pubblico come nessun altro genere sa fare, il merito è anche di gruppi come i Soulfy, il cui suono non dà tregua e si innalza come un muro impenetrabile di chitarre, basso e batteria. Pantaloni mimetici, giubbotto smanicato stile biker, tatuaggi d'ordinanza, il cantante e chitarrista brasiliano sfodera una voce catacombale e macina riff diretti suonati a volume esagerato, che fanno il paio con quelli dirompenti della sei corde maneggiata con perizia da Marc Rizzo, mentre una sezione ritmica roboante formata da Tony Campos al basso e Zyon Cavalera alla batteria, assicura un solido piano d'appoggio su cui compiere ogni tipo d'evoluzione.
La scaletta della serata mette in fila una quindicina di pezzi che viaggiano a zig-zag tra passato e presente, tra i brani del nuovo album “Savages”, “Bloodshed” e “Cannibal Holocaust”, quelli che nel '98 inaugurarono la nuova avventura, tipo “Tribe” e “Eye for an eye” (omaggio al figlio adottivo perso alla fine degli anni Novanta), ad altre canzoni che hanno messo radici nel decennio successivo, come la minacciosa “Back to the primitive”, “Downstroy”, “Defeatu”, “Rise on the fallen”. Passando naturalmente per alcune hit pescate dal repertorio dei Sepultura: le gloriose “Refuse/Resist” e “Roots Bloody Roots”. Il carismatico Cavalera incita a più riprese gli oltre mille devoti accorsi ad ascoltarlo e, di tanto in tanto, li invita a saltare urlando «Jump! Jump!», rendendo così ancor più ribollente una temperatura già alta fin dai primi momenti, capace nel giro di pochi minuti di sciogliere completamente il ricordo lasciato dal gruppo precedente, Pain of Salvation, imprigionato in una proposta che mischia senza successo progressive, metal, rap, melodia, pop e perfino funky.
Organizzata da Vox Day, la serata, denominata, “Steel Day”, è stata apertaq da tre band sarde, i cagliaritani Lighless Moor, i sangavinesi Terrorway e gli algheresi Arhythmia.
Carlo Argiolas