Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Massacrato di botte dal branco

Fonte: L'Unione Sarda
20 maggio 2014


VIALE BUONCAMMINO. Alla vittima il Tribunale di Cagliari aveva assegnato un'identità

 

Satta: «Pestato senza motivo da ragazzini tra i 14 e i 17 anni»

 



Lo hanno accerchiato in quattro. Prima le minacce: «Vattene, ti spacchiamo la faccia». Poi le botte: calci e pugni. Quindi, come per mettere fine a un gioco, lo hanno preso di peso e buttato giù dalle scalette tra viale Buoncammino e viale Fra' Ignazio. Unico testimone: una fontanella.
L'AGGRESSIONE La violenza di un branco di ragazzi minorenni si è scatenata contro un povero spesso ubriaco e sempre per la strada, Antonello Satta, il barbone senza nome al quale il Tribunale di Cagliari ha assegnato un'identità qualche anno fa dopo una vita spesa tra marciapiedi, grotte e portici. «Avevano tutti tra i 14 e il 17 anni», dice in lacrime.
Il fatto è accaduto il 22 aprile, attorno alle 20. Una donna che passava nella zona ha visto Satta a terra semi-incosciente e ha chiamato il 118. Da quel momento è ricoverato nell'ospedale Santissima Trinità: prima il passaggio al Pronto soccorso, poi il trasferimento nel reparto di otorino-laringoiatria: setto nasale spaccato, mandibola fratturata. «I medici hanno inoltrato un rapporto alla Procura che indaga sul fatto», dice il direttore sanitario di Is Mirrionis, Sandro Brundu.
IN OSPEDALE Quel che preoccupa i medici è soprattutto un generale decadimento fisico: sembra che Antonello non abbia voglia di reagire, è così debilitato che non è stato possibile dimetterlo anche perché il suo attuale domicilio, l'ex Albergo del povero di viale Fra Ignazio, una branda a fianco di quelle di altri senza tetto come lui, non è compatibile con le sue condizioni di salute. Mangia e parla a fatica a causa della mandibola in via di guarigione. Ha bisogno di una terapia riabilitativa per i traumi subiti nella caduta a gambe, braccia e mani.
IL RACCONTO L'umore va anche peggio: nel suo sguardo si legge ancora la paura: «Non stavo facendo niente, non mi stavo comportando male, mi hanno aggredito senza motivo, quattro contro uno. Non sono riuscito a scappare, avevo bevuto. Mi hanno preso a botte con una violenza inaudita, poi mi hanno scaraventato giù dalle scale. Giuro, se uscirò dall'ospedale, addio bottiglia».
IL DOLORE Ieri in viale Buoncammino la notizia è arrivata insieme ai cronisti. «Non lo vediamo in giro da qualche tempo», dice Manuel, titolare di un chiosco-bar. «Se avessi assistito alla scena, sarei intervenuto perché conosco Antonello da sempre e so che è inoffensivo. No, nella zona nessuna banda violenta, ma l'aggressione non mi stupisce più di tanto. C'è spesso insofferenza nei confronti di persone deboli come lui».
Paolo Carta


LA STORIA. Venduto dal padre, ha il nome della via che l'ha adottato

Lo zingaro chiamato Zoran


La storia di Antonello Satta è stata scritta e riscritta. Ed è incredibile se non fosse supportata da prove, testimonianze, sentenze. Era il 2 maggio del 1980 quando i poliziotti trovarono in via Roma un ragazzino rom: «Sono scappato, mi picchiavano per costringermi a rubare». Se ne occupò l'ispettore Giuseppe Sigismondo: lo accolse in casa, lo presentò a una maestra che tentò di insegnargli a leggere e scrivere. Poi andò a vivere presso una famiglia di piazza San Michele, sino al primo arresto per il furto di un motorino. Dopo il carcere venne trasferito dai Padri Somaschi di Elmas. Dove a un certo punto si presentò un manovale di Torpè, Mario Tuvoni: «Quello è il mio figlio Antonello sparito dalla Baronia». E se lo portò a casa.
Convivenza difficile: Antonello è sempre stato allergico a regole ed educazione. Scappo da Torpè e tornò a Cagliari, a vivere per la strada. Dopo un altro furto in un market, entrò a Buoncammino come “sedicente” Antonello Tuvoni. Fu allora che “L'Unione Sarda” fece effettuare il test del Dna agli esperti dell'Istituto di medicina legale. Il responso: quel barbone non era il bimbo sparito da Torpè. Il caso fu risolto dagli investigatori della trasmissione “Chi l'ha visto” e della tv di Stato serba, con tanto di certificato di nascita: si chiama Zoran ed era stato venduto dai genitori a un'altra tribù di zingari, quella che l'ha portata a Cagliari. Nel frattempo il Tribunale di Cagliari gli aveva assegnato un'identità: Antonello Satta, in onore della strada che l'ha adottato.


Santissima Trinità

Assistenza
e gara
di solidarietà

Nelle corsie dell'ospedale Santissima Trinità, Antonello Satta ha ritrovato l'altra faccia della città che lo ha di fatto adottato: innanzitutto un'assistenza medica di prim'ordine, addirittura amorevole nei suoi confronti. Poi l'impegno dei volontari e dei servizi sociali dell'Asl 8 e del Comune. Assistenti che ogni giorno vanno a chiedergli se ha bisogno di qualcosa, per lavarlo e ascoltarlo, e che adesso sono impegnate a cercargli una sistemazione. Magari in una clinica per la rieducazione fisica o in una comunità che possa aiutarlo a superare i problemi di alcolismo.
Isa Marcialis è una delle volontarie che da sempre si prende cura in qualche modo del barbone: «Antonello non è una persona pericolosa, il suo vero dramma è la bottiglia. Magari certi suoi atteggiamenti possono disturbare, ma era impensabile che si potesse arrivare a tanto: botte sino a spaccargli la faccia e a fratturargli naso e mandibola».
Antonello Satta vive da quattro anni nell'albergo del povero di viale Fra Ignazio: un ricovero per chi ha perso tutto, un lettino, un comodino, qualche vestito e tanta umanità gestito da Comune e Caritas. Sistemazione trovata dai servizi sociali dopo un periodo di detenzione a Buoncammino: sei mesi di carcere per il furto in un market di via Satta. Pena da scontare perché arrivata dopo altre sentenze analoghe che gli avevano fatto perdere il bonus della sospensione condizionale.