Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La devozione dei fedeli: «Essere qui oggi è una gioia immensa»

Fonte: L'Unione Sarda
5 maggio 2014


I commenti della gente in strada

 

L'attesa è paziente e silenziosa, la devozione profonda. «Essere qui oggi è una commozione unica»: Natalina De Mauri, 57 anni, si confonde tra la folla di viale La Plaia. Gli occhi sono lucidi, la voce incrinata. «Ogni volta che vedo Sant'Efisio le lacrime scendono da sole. Ho fatto tanti voti, per la famiglia, per i miei figli. Si sono avverati». Il Largo, i portici di via Roma, e le altre strade si colorano con le tinte degli abiti tradizionali a metà sera. Le vesti scure delle consorelle creano un gioco di contrasti suggestivo accanto agli ornamenti dei miliziani. Giubbetto rosso, calzoni in tinta e sguardo fiero. Ignazio Lallai, quarant'anni, di Mandas, cammina con passo svelto accanto alla stazione. «È un onore indossare quest'abito, un'emozione fortissima che aumenta ogni anno». Accanto a lui Walter Mameli, cagliaritano, venticinque anni: gilet di seta decorato, su gabbani di orbace, pantaloni di panno scarlatto e fusciacca di seta azzurra. «Rappresento il pescatore benestante», dice con orgoglio. «Faccio parte del gruppo folk di Villanova, ho iniziato a sfilare quando avevo sette anni». La notte è scura, l'aria umida, le luci delle fiaccole rendono suggestivo il rientro del martire guerriero nella città che liberò dalla peste. Spariti le impalcature di metallo e i petali colorati sui lastroni di cemento via Roma mostra il volto vero. Non ha bisogno di scenografie spettacolari: sono i fedeli accalcati sotto la pioggia a intermittenza a scrivere la pagina più bella del 4 maggio. Rita Carta, 65 anni, torna indietro con la mente: «Quando ero bambina mia madre mi portava in piazza Yenne». Sussurra, quasi a voler proteggere un ricordo che custodisce gelosamente. «Mio padre faceva parte dell'Arciconfraternita di Sant'Efisio, sfilava a cavallo insieme a suo fratello». Tiene in mano la macchina fotografica: «Ogni volta che lo vedo mi viene la pelle d'oca, dopo tanti anni l'emozione non è cambiata». La piazzetta intima, nascosta tra le case basse di Stampace non basta ad accogliere i fedeli. Sono in centina ad attendere il grande momento sotto i balconcini di ferro battuto. La chiesa intitolata al martire guerriero sembra avere un gusto antico, con gli stendardi colorati appesi alle finestre e i ritmi cadenzati delle preghiere in dialetto. Maddalena Mocci, sessant'anni, ha lo sguardo assorto: «Ho lasciato la Sardegna per motivi di lavoro. Non vedevo il rientro dal '74, ma in tv non l'ho perso un solo anno». Giovanni e Giulia sfilano con gli abiti tradizionali di Quartu: «La Cannacasa de bentu, su sciallu e la baschina di seta, la gonna de abordau». Un mix d'impatto, bellissimo da vedere. «Veniamo da cinquant'anni, è un fascino che non cambia». I carabinieri a cavallo annunciano l'arrivo del martire: della teatralità dell'andata non c'è più traccia, è il momento della devozione più pura e istintiva.
Sara Marci