Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il “miracolo” che sconfisse la flotta francese

Fonte: La Nuova Sardegna
2 maggio 2014

Nel 1793 la grazia invocata dai fedeli contro la spedizione guidata dal contrammiraglio Truguet

 


di Luciano Marrocu

E' a Sant'Efisio che i cagliaritani si affidano quando il 27 gennaio 1793 la flotta francese comincia a bombardare la città. Qualche giorno prima, a rinnovare il patto secolare tra Cagliari e il suo santo, si è svolta una processione solenne. Il concorso di popolo è immenso e sono numerosissimi i miliziani che sfilano, lo schioppo in una mano e il rosario nell'altra. Che se quei giacobini senzadio riusciranno a sbarcare in città, le donne saranno violate, le chiese distrutte, la Sardegna intera verrà messa a ferro e a fuoco. Il pensiero, comunque, va anche alle necessità dell'ora, ai cannoni da piazzare, alle difese da rinforzare, ai miliziani da organizzare e soprattutto nutrire, visto che ne sono arrivati a migliaia dall'interno dell'isola. Pronti a scannare i francesi guidati dal contrammiraglio Truguet quando li avranno a portata di leppa, ma anche affamati. I cagliaritani, quando si tratterà di combattere, combatteranno, rivelando virtù guerriere sino ad allora insospettabili. Più compassata la leadership militare di don Girolamo Pitzolo avvocato molto noto in città e alla bisogna comandante senza paura di truppe miliziane. Più colorito e popolaresco lo stile di comando di Vincenzo Sulis. Non ci facciamo distrarre dal titolo di notaio, che gli è dovuto. Sulis è uno stampacino puro sangue, ne ha i modi, la sfrontatezza. Non gli piace Castello, dove sono asserragliati i piemontesi con i loro lacchè. Ama Stampace, il suo quartiere, il quartiere di Sant'Efisio. Sulis ha guidato i suoi stampacini in un'azione di stile guerrigliero. Una lancia francese viene attratta da una barca di pescatori che funge da civetta a pochi metri da terra. Dai canneti vicini alla riva (dove Sulis ha nascosto i suoi armati) partono le archibugiate contro gli incauti Francesi. Persino il viceré Balbiano, che i nobili cagliaritani mal sopportano, fa in fondo il suo dovere. Dispone con una certa competenza i pezzi di artiglieria ed è lui che compie il mezzo miracolo di dar da mangiare ai tantissimi miliziani accampati nelle cantine del palazzo dei Gesuiti. Le cose vanno poi come devono andare. Il bombardamento su Cagliari si dimostra sostanzialmente inefficace, così che i francesi sbarcheranno lungo il tratto di spiaggia che allora come oggi si chiama Margine Rosso. La battaglia decisiva si svolge tra il 13 e il 15 febbraio 1793 dove oggi sorge lo stadio di Sant'Elia. Che a vincere siano i sardi non ci sono dubbi, lo dimostra il fatto che le truppe francesi si ritirano e vengono reimbarcate.

E' sul come questa vittoria sia stata ottenuta che dal giorno dopo si discute. Solo a denti stretti qualcuno tra i difensori accenna a un ammutinamento dei francesi. Un ammutinamento a cui invece a Parigi si dà una grande importanza, come un segnale del difficile emergere nel nuovo esercito nazionale di uno spirito militare genuinamente repubblicano. All'interno dello schieramento sardo, si scontrano due linee. Quella del viceré Balbiano che mette in luce la solidità delle strutture difensive statali, con una qualche tendenza ad oscurare il peso dei sardi nella vittoria. Quella dei sardi, che poi vuol dire i nobili sardi, interessati a mettere in luce il loro ruolo. C'è poi, più convincente di tutte e in fondo capace di inglobare le diverse tesi, quella che chiama in causa Sant'Efisio. In qualche misura la prefigura lo stesso Balbiano che, non riuscendo a spiegare in altro modo la vittoria, parla nei suoi dispacci a Torino di un miracoloso intervento del Cielo. Che il Cielo si sia servito di Sant'Efisio per compiere la sua opera è un passaggio logico che ai cagliaritani viene naturale. Sant'Efisio, poi, è un santo duttile, va bene a destra come a sinistra, piace al colto e all'inclita. Alimenta l'orgoglio sardo e quindi va bene a quelli che, cacciati i francesi, già pensano a come cacciare i piemontesi. Nè, evidentemente, può dispiacere ai preti, trattandosi pur sempre di un santo. C'è anche il sospetto che sia gradito anche ai giacobini cagliaritani: Sant'Efisio è molto amato dal popolo minuto, né si può negare che sia un santo simpatico. Più che le composizioni poetiche che celebrano il Sant’Efisio guerriero, già a quei tempi illeggibili, toccano le tante piccole storie in cui si sfarina il racconto del suo intervento salvifico: bombe smisurate che esplodono tra la folla senza lasciare né morti, né feriti; micce che all'ultimo momento miracolosamente si spengono; palle di cannone che fermano la loro corsa di fronte alla statua di Sant'Efisio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA