Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Dalla Cina con passione

Fonte: L'Unione Sarda
7 aprile 2014


Ventisette anni, laurea in Scienze politiche, presiede la Consulta degli stranieri

 

Lina Zhan: ci sono tanti pregiudizi sulla nostra comunità

 


C'era una volta e c'è ancora un pezzo di Cina che vive a Cagliari in un superbo isolamento. «I pregiudizi nei nostri confronti sono tanti, lo so. Li possiamo sconfiggere solo con l'integrazione».
Lina Zhan ha ventisette anni e una laurea triennale in Scienze politiche, indirizzo Relazioni internazionali. Presidente della Consulta per stranieri e segretaria dell'Associazione cinese in Sardegna, è un ariete che vuole abbattere il quarantennale muro di diffidenza. Affronta i dubbi altrui con calma e quando la via d'uscita si fa stretta sparge fiducia e ottimismo a piene mani. Intanto progetta un ufficio disbrigo pratiche per la variegata comunità di immigrati: «Sono qui dal 1993. Il primo ad arrivare a Cagliari è stato mio padre. Lo abbiamo raggiunto mia madre e io». I suoi genitori sono il paradigma della prima generazione sbarcata in Italia: «Volevano fare impresa e aprirono un piccolo negozio di borse alla Marina. Oggi gestiscono un ingrosso. I fornitori sono perlopiù italiani».
La vostra comunità è impermeabile a ogni “contaminazione”.
«I pionieri aveva come unico obiettivo quello di affrancarsi dalla povertà. Noi siamo la nuova leva, abbiamo esigenze diverse».
I cinesi comprano negozi in contanti: tutti ricchi o qualcos'altro?
«È difficilissimo ottenere un finanziamento dalle banche, quindi ci si arrangia. Siamo molto legati ai familiari che vivono in Cina e alla comunità che abita in città. Attraverso uno dei due canali possiamo ottenere un prestito. I miei amici mi dicono: “Siete solidali come i sardi, che si aiutano a vicenda”».
I commercianti vi accusano di concorrenza sleale.
«Abbiamo rapporti solidi con gli imprenditori sardi. Facciamo girare i soldi, creiamo economia, se abbiamo bisogno di un elettricista o di un piastrellista saranno sicuramente cagliaritani. Non c'è ragione per essere così diffidenti. Si sta creando uno scambio commerciale proficuo per tutti».
Vendete jeans a quindici euro.
«Anche le Città Mercato. A scegliere sono i clienti. Se benestanti comprano le marche più costose e famose, altrimenti si adeguano».
La specialità è la merce taroccata.
«I primi imprenditori hanno scelto i prodotti low cost, ma la Cina ne ha tanti di qualità - la Giada, per dirne uno - che non sono ancora apprezzati in Italia».
Avete un sistema sanitario parallelo a quello nazionale?
«In che senso?»
In via Trieste la Finanza ha sequestrato uno studio medico abusivo della comunità cinese.
«È la prima volta che sento una cosa del genere. So che vent'anni fa molti preferivano soffrire piuttosto che andare in ospedale, convinti che le cure avessero costi folli. Grazie ai mediatori culturali hanno scoperto di avere diritto ai servizi sanitari perché pagano regolarmente le tasse».
Perché non risultano decessi?
«Ci sono pochissimi anziani. Mio padre ha 48 anni e una grande nostalgia della sua terra, vuol tornare lì. Come lui tanti altri sognano di morire vicino alle tombe dei nostri nonni. Ecco perché qui si celebrano pochi funerali».
Scappati dal comunismo?
«No, dalla fame. I primi immigrati erano contadini alla ricerca di condizioni di vita migliori».
Appena chiusi sei bordelli cinesi mascherati da centri massaggi.
«Erano di cinesi che non vivono in Sardegna, gente arrivata solo per quelle attività. Sino a un anno e mezzo fa ne gestivo uno con un socio sardo e posso assicurare che era una cosa seria e non abbiamo mai fatto cose di quel tipo. Lo dico per chiarire che esistono i cinesi onesti e disonesti, come lo sono gli italiani e i cittadini di ogni Paese».
La mafia cinese è ramificatissima negli affari all'estero.
«Sicuramente non in Sardegna, del resto non so».
C'è chi sostiene che siate l'avanguardia di un esercito di colonizzatori.
«Nella storia questo termine è legato a chi ha usato la forza per imporre le proprie idee, non è davvero il nostro caso».
I limiti di quest'Isola?
«È piena di ricchezze, bisogna saperle sfruttare. Si parla da anni di attirare la corrente turistica cinese, però non è stato fatto niente di concreto. Se si passasse dalle parole ai fatti si offrirebbe sicuramente uno stipendio a molte persone».
Il peggior difetto dei cagliaritani?
«Dicono sia la testardaggine, ma può essere una qualità».
Razzisti?
«Sono calorosi, ti fanno sentire a casa, molto più di quanto capiti anche nei paraggi, a Sassari per esempio».
Vi interessate di politica?
«I giovani iniziano a farlo».
Centrosinistra o centrodestra?
«Sono confusa, con un premier ogni otto mesi si rischia di non capire. Spero che Renzi riesca a risolvere almeno alcuni dei problemi che strozzano il Paese».
Si dice che le cucine dei ristoranti cinesi siano le più luride.
«Sfido chiunque a verificare le cucine dei locali italiani e fare un confronto. Sicuri di uscirne vincitori?»
ppaolini@unionesarda.it