Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La guerra del porto vinta dal Cacip dopo anni di ricorsi

Fonte: L'Unione Sarda
31 gennaio 2014

 

 

 

Nelle sede legale del Cacip, in viale Diaz 86, il clima è disteso. «Dal giorno dopo la sentenza ci hanno chiamato tantissimi imprenditori, alcuni erano in lacrime, anni fa volevano tutti comprare i nostri lotti, poi sapete com'è andata».
L'INGIUSTIZIA RIPARATA È andata che nel giugno 2010 l'Agenzia del Demanio ha varato una nuova delimitazione, la quarta della serie, stabilendo d'imperio che tutti quei terreni attorno al porto canale, 178 ettari sui quali erano previsti insediamenti industriali e commerciali, non erano del Cacip ma di proprietà pubblica. E che dunque gli atti di compravendita stipulati sino a quel momento tra il Consorzio e 4 imprenditori di primo piano nel settore trasporto merci erano nulli. «Un'ingiustizia clamorosa», spiegano Oscar Serci e Natale Ditel, rispettivamente direttore generale e commissario del Cacip. Alla quale, dopo un primo verdetto negativo del Tar, ha posto rimedio il Consiglio di Stato, che tre giorni fa ha restituito all'ente consortile il proprio tesoretto: quei lotti non sono demaniali, appartengono al Cacip e possono essere ceduti. Un tesoro, si diceva. Su questo non ci sono dubbi. «Aree poste all'ingresso di Cagliari tra le più appetibili, che per noi nascono come zone dove sviluppare attività industriali legate al commercio marittimo», dicono al Cacip. E forse anche da questo, dal potenziale valore di quei campi incolti stretti tra Giorgino e porto canale, sono nati i problemi. Serci e Ditel non lo dicono. Ma sulla vicenda restano ancora dubbi e l'ombra di appetiti speculativi inconfessabili.
LA STORIA E LA BATTAGLIA Una storia che parte nel lontano 1974 e che svolta nel 1996, quando il Cacip (allora Casic) conclude i lavori di realizzazione del porto industriale finanziati coi soldi della Cassa del Mezzogiorno. Dopo ben tre delimitazione demaniali i 178 ettari in questione vengono assegnati al Consorzio: sono tutti d'accordo. Saranno venduti per attrarre investitori dall'Italia e dall'estero, trasformando così l'area portuale di Cagliari in una delle più importanti del Mediterraneo. Questo è il progetto, che decolla alla fine degli anni Duemila. I lotti vengono messi in vendita a prezzi stracciati: 60 euro a metro quadro. «Ne valevano sei volte tanto - spiega Serci -, ma i prezzi dovevano essere vantaggiosi per avere più capacità attrattiva». Nonostante ciò il valore dell'area è di oltre 106 milioni di euro. E poi le volumetrie sono notevoli: si può edificare sul 60 per cento del lotto, sino a un'altezza di 15 metri.
FILA DI ACQUIRENTI Si fanno avanti in tanti. A concludere i primi affari sono 4 tra le principali aziende di trasporto merci: le sarde Fradelloni Trasporti, Nuova Saci e Cincotta srl, e il gruppo ligure Grendi. Comprano in tutto sette ettari e pagano sino all'ultimo centesimo. Quando irrompe sulla scena l'Agenzia del Demanio, ci sono in attesa altre 28 aziende con le quali si stanno perfezionando i contratti di acquisto. Tutto si blocca: la Grendi e la Fradelloni hanno già costruito i capannoni e per non buttare al vento l'investimento milionario devono mettersi d'accordo con l'Autorità portuale pagando la concessione dell'area. Le altre, restano al palo, anche perché nel frattempo le banche revocano loro i mutui già concessi per costruire. La Nuova Saci addirittura finisce in liquidazione.
GUERRA GIUDIZIARIA Il Cacip però ricorre al Tar, affiancato dai quattro privati. Ma nel 2012 perde. E nei processi succedono cose curiose: il Comune di Cagliari, azionista al 30 per cento del Consorzio, si schiera contro il ricorso Cacip “per quanto lesivo dei propri interessi”. E la stessa cosa fa la Regione, che nel 2006 ha finanziato con 4 milioni e mezzo di euro le opere di urbanizzazione primarie e secondarie dell'area: fogne, strade, condotte idriche, sistemi di videosorveglianza. Perché? Nessuno lo ha mai capito. E in molti dipingono scenari inquietanti. Ormai però in viale Diaz 86 la risposta non interessa più. «Si è perso troppo tempo ma ora siamo pronti a ripartire, i lotti verranno venduti e finalmente potrà realizzarsi il progetto di un porto industriale all'avanguardia».
Massimo Ledda

Il concorso di idee su Giorgino

 Nel 2007 un bando regionale sul rilancio del borgo

 

Si chiama Costeras ed è un concorso internazionale di idee bandito nel 2007 dalla Regione per la riqualificazione di otto borgate marine della Sardegna «in coerenza con la filosofia, gli obiettivi e gli indirizzi del Piano paesaggistico regionale». Tra questi anche Giorgino, il villaggio di pescatori a pochi passi dal porto canale.
Ma che c'entra con la storia dei terreni Cacip espropriati dall'Agenzia del Demanio? Apparentemente nulla, se non fosse che si sta parlando di luoghi vicinissimi. Se il Consiglio di Stato non avesse ribaltato la decisione del Tar, restituendo i lotti al Consorzio, quei terreni sarebbero infatti rientrati nei confini del porto, sarebbero stati governati dall'Autorità portuale e per l'utilizzo ci si sarebbe dovuti attenere al proprio Piano regolatore e in parte al Piano urbanistico comunale, che prevede anche la possibilità di edificare. Possibilità sulle quale, appunto, sette anni fa si sono esercitati gli studi ingegneristici e di architetti che hanno partecipato al concorso Costeras. Non a caso i vincitori, a proposito di Giorgino, scrivevano: «Altra tematica da esplorare, in previsione dello spostamento e della realizzazione dei servizi legati alla nautica previsti dal Piano di assetto dell'avamporto di Levante, è quella di una nuova accessibilità e della ricettività e residenzialità a supporto delle attività del porto canale e delle industrie». (m. le.)