SABATO, 20 DICEMBRE 2008
Pagina 1 - Cagliari
Caritas. I dati dimostrano la stretta relazione fra la mancanza di lavoro e lo stato di totale indigenza
Gli assistiti dal centro d’ascolto sono aumentati del quindici per cento
di Mario Girau
CAGLIARI. La madre di quasi tutte le povertà è la disoccupazione. La conferma viene dagli otto centri d’ascolto della Caritas diocesana che negli ultimi due anni hanno registrato tra i loro frequentatori quasi il 67 per cento di senza lavoro. Tolti sbandati, alcolisti e tossicodipendenti che bussano per un mix di assistenza, terapie di recupero e solidarietà umana e cristiana, la gran parte dei 2.441 utenti degli sportelli caritativi richiede beni e servizi materiali (51,1 per cento), un’occupazione (16,7), sussidi economici (13,5): bisogni forse assolutamente inesistenti in presenza di un lavoro.
Una disoccupazione in crescita, quindi ancor più preoccupante per i responsabili dei centri d’ascolto, che ieri hanno quantificato durante una conferenza stampa il malessere e il disagio registrato nei centri d’ascolto. Il numero dei disoccupati assistiti è passato dal 60,6 per cento del 2006 al 74,6 per cento dell’anno scorso.
Nella cittadella della solidarietà cagliaritana, dove il tandem Comune-Caritas assicura ai poveri una serie di aiuti (ascolto, assistenza, orientamento, mensa, supporti legali, spazi igienico-sanitari) motore di ogni iniziativa è il volontariato, che con quasi un centinaio di insegnanti, pedagogisti, psicologi, mediatori culturali, medici e infermieri fa funzionare i centri di ascolto. Sono le antenne Caritas di viale Sant’Ignazio, via Po, Bonaria, Sant’Elia, Quartu Sant’Elena, Senorbì, Pirri, e il centro d’ascolto per stranieri “Kepos” a Sant’Eulalia. In quest’ultimo centro, ora anche sede di tirocini universitari, saranno attivati iniziative del servizio civile nazionale e attuati alcuni progetti di rientro previsti dal programma Master & Back della Regione. «Soprattutto al centro di solidarietà Giovanni Paolo II - ha detto l’arcivescovo Giuseppe Mani - i volontari frequentano l’università della carità e toccano il polso della povertà reale».
Gli sportelli dei centri d’ascolto hanno un’utenza sempre più internazionale: 67 per cento cittadini italiani, il resto stranieri, con prevalenza est europeo. Quindi donne, che rappresentano il 55 per cento del totale, soprattutto ucraine tra 45 e 54 anni, coniugate. La ricerca non lo dice ma appartengono alla categoria delle badanti. La maggioranza (59,2 per cento) degli utenti dei centri d’ascolto vive in famiglia, in particolare gli italiani. Tra gli stranieri il rapporto è inverso: il 41,1 per cento vive solo e il 35,9 con i propri parenti e familiari.
Poveri, ma non ignoranti: ecco il profilo culturale di quanti bussano ai centri Caritas diocesani. Quasi il 7 per cento degli assistiti è laureato, l’1,4 per cento di nazionalità italiana. Della serie chi trova la laurea in Italia trova un tesoro e difficilmente è povero fino all’indigenza. Prevale la licenza media inferiore su diploma e licenza elementare, con le donne decisamente in vantaggio nella graduatoria del titolo di studio più elevato.
«La gente comune, che nella generalità dei casi ha molti problemi, costituisce - ha detto monsignor Marco Lai, direttore diocesano Caritas - il centro del nostro interesse, con una particolare attenzione alla persona attraverso l’ascolto e la condivisione dei disagi con il mondo degli ultimi».