Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il demone del giocatore La paura di essere perdente

Fonte: La Nuova Sardegna
8 novembre 2013

 
Il neurofarmacologo Gianluigi Gessa ieri al Festival della Scienza di Cagliari I meccanismi che portano a diventare dipendenti dalle diverse droghe 
 
 
 
 
 



di Sabrina Zedda

CAGLIARI «Dappertutto gli uomini non fanno altro che togliersi o vincersi qualcosa a vicenda». Forse perché era egli stesso un giocatore incallito, Fedor Dostoevskij ci aveva visto giusto nel suo libro “Il giocatore”, scritto per pagare i debiti di gioco e impregnato di quell’acuta conoscenza dell’animo umano che ben racconta la vita e i tormenti di chi gioca d’azzardo. Solo ora si guarda con più attenzione al fenomeno, considerato tra i più inquietanti e dilaganti dei nostri giorni. Eppure, le sue spiegazioni si trovano negli archetipi dell’umanità, e sono legate all’istinto di sopravvivenza. Così spiega la dipendenza dal gioco d’azzardo il neurofarmacologo di fama internazionale Gian Luigi Gessa, ospite ieri della seconda giornata del Festival della scienza di Cagliari – organizzato dall’associazione Scienza società scienza tra le sale dell’Exmà e quelle di Monte Claro – per parlare di “Come è che si diventa dipendenti dal fumo, alcool, droghe, cibo, sesso e gioco d’azzardo”. Se nell’analisi di Gessa, qualsiasi dipendenza è legata alla necessità di soddisfare un istinto umano primordiale (la voglia di sesso è funzionale all’istinto di riproduzione della specie, quella di cibo alla sopravvivenza, etc.) andando ad analizzare la dipendenza dal gioco d’azzardo ci imbattiamo nella necessità di scegliere tra “vincere” o “perdere”. Nell’ottica primordiale della sopravvivenza non c’è dubbio che tra le due opzioni prevalga “vincere” perché, spiega il neurofarmacologo, questo significa sopravvivere o avere il godimento di qualcosa. Niente di più elettrizzante per il cervello umano: «In questo meccanismo – spiega infatti lo scienziato Gian Luigi Gessa- il gioco d’azzardo è straordinario perché dà gratificazione. Una gratificazione tale che porta a non farne più a meno». A questo punto può venire da chiedersi perché droghe in senso stretto, ma anche alcool, sesso, cibo o gioco arrivano a portare a essere “addicted”, termine inglese che significa essere talmente dipendenti da non riuscire più a farne a meno.

La domanda, ricorda Gessa, se l’era già posta il padre della psicoanalisi Sigmond Freud, che per primo in Europa aveva studiato la cocaina. «Freud – racconta il neurofarmacologo - si era chiesto come mai una sostanza esogena, che cioè arriva dall’esterno, produca effetti come euforia o allucinazioni, che già il nostro corpo può produrre in condizioni fisiologiche o patologiche». Perché tutto questo è capace, come delle chiavi, di aprire il nostro cervello. «Con le droghe, ad esempio - dice Gessa - l’uomo apre porte come quelle della motivazione, del piacere, del desiderio. Le spalanca anzi. E qui il cervello o si difende o soccombe». Gli esperimenti su animali come ratti o scimmie (i primi soprattutto hanno reazioni identiche a quelle umane) per studiare gli effetti di droghe, alcool o sesso si contano a milioni nel mondo e se è vero che l’effetto può all’inizio apparire piacevole, va anche detto che le droghe, ad esempio, non fanno che imitare l’effetto del soddisfacimento di istinti primari. Di più: «Le droghe – va avanti Gessa, rivolto a una platea fatta di tanti curiosi ma soprattutto di adolescenti - producono nel cervello modificazioni stabili che per essere debellate hanno bisogno di una strada lunga almeno quanto quella che è servita per costruirle». Le droghe allora fanno bene o fanno male? Non c’è dubbio che facciano male, risponde Gian Luigi Gessa, ma non in funzione di quanto siano considerate legali o meno. Secondo un recente studio statunitense, al primo posto per pericolosità c’è per esempio l’alcool (oltre a danneggiare organi come fegato o cuore, è pericoloso per la società perché chi è ubriaco può causare danni agli altri), seguito da eroina, cocaina e tabacco. Tuttavia, non manca di ricordare Gessa, le sigarette hanno in mezzo al tabacco almeno venti o trenta sostanze nocive, e ogni anno nel mondo sono cinque milioni le persone che muoiono per danni da fumo. Ma anche qui forse il business arriva prima. E allora diventa emblematica la pubblicità che molti decenni fa la Philip Morris faceva su alcuni quotidiani statunitensi: per incrementare i consumatori s’era inventata caramelle al tabacco per bambini. Lo slogan recitava: “Il tabacco è troppo buono per bruciarlo”.

 

Dal Big Bang al progresso tecnologico, Amedeo Balbi a tu per tu con Antonio Pascale 
 
 
 
 
 



Sono tredici gli appuntamenti della quarta giornata del Festival della Scienza all’Exmà e al Parco di Monte Claro. Exmà. Alle 9 Silvia Casu risponderà alle domane aperte, sulle sfide per il terzo millennio, nella conferenza “La vita fuori dalla terra: guida all’astrobiologia”. Alle ore 15 in Aula didattica con l’animazione per bambini e ragazzi tra gli 8 e gli 11 anni di Sonofavole, ovvero, la scienza dalle favole di Esopo, lette da Gaetano Marino e commentate da Bruno Brunetti, nella traduzione di Patrizia Mureddu. Parco di Monte Claro Alle ore 16.30 la conferenza “Scenari informatici innovativi per lo sviluppo della ricerca scientifica”. Protagonista Nicoletta Dessì . Alle ore 18 nella Sala polifunzionale, la conferenza/racconto: “Dal big bang alla civiltà in sei immagini” con Amedeo Balbi e lo scrittore Antonio Pascale. Un racconto a due voci che ci porta dall’origine dell’universo fino ai giorni nostri, usando come filo conduttore sei icone che rappresentano altrettanti punti di svolta nell’evoluzione fisica del cosmo e nell’evoluzione culturale della specie umana. Dal Big Bang alle pitture rupestri, dalla nascita e morte delle stelle al sorgere del pensiero razionale e scientifico, dall’arrivo delle prime molecole organiche sulla Terra al progresso tecnologico.