Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Riva splendido “cinquantenne”

Fonte: L'Unione Sarda
7 novembre 2013

 

Anniversari: tanti auguri a Rombodituono che era sbarcato nella nostra Isola nel 1963
Compie 69 anni, ma 50 li ha trascorsi in Sardegna
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Il regalo più bello? Affetti (privati e pubblici) a parte, forse quello di rivedere il suo Cagliari nel Sant'Elia, che lui ha ribattezzato l'Olimpico di Sardegna: non è stato lo stadio dello scudetto ma chi c'era, quella notte d'estate, a vedere la partita di Coppa dei Campioni con il Saint Etienne battuto 3-0 (era il 16 settembre del 1970, lui aveva segnato una doppietta) ha provato un brivido paragonabile a quello del 12 aprile dello stesso anno quando tutti diventammo campioni d'Italia per restarlo per tutta la vita.
Oggi Gigi Riva compie sessantanove anni. Apparentemente non è una cifra tonda, ma per noi lo è, perché è come se ne avesse cinquanta. Perché è il cinquantesimo compleanno che festeggia in questo splendido scoglio in mezzo al Mediterraneo che l'ha accolto, ufficialmente, il 15 giugno del 1963 quando il futuro Rombodituono, ancora diciottenne, mise piede (naturalmente il sinistro) per la prima volta in Sardegna. Voleva ripartire il giorno dopo: è ancora qui.
Troppe belle, per non essere ricordate ancora una volta, le parole che una sua zia gli disse quando Gigi le comunicò che l'avevano venduto al Cagliari: «Se ti mandano laggiù vuol dire che l'hai combinata davvero grossa» alludendo al fatto che per punizione veniva spediti nell'isola poliziotti e carabinieri.
Troppe belle, per non essere ricordate ancora una volta, le parole che Riva rivolse a Gianni Agnelli che per averlo alla Juventus era disposto a spendere un miliardo di allora (era forse il 1972) più sette giocatori tra cui i giovanissimi Bettega, Causio e Cuccureddu offrendo a lui il quadruplo di quel che guadagnava a Cagliari: «Non c'è cifra, avvocato, per possa ripagare la gioia di regalare una vittoria, un semplice sorriso, a questo popolo».
Non ci ha lasciato soltanto 164 gol in 315 partite, di cui 156 in 289 partite in Serie A. Più di uno ogni due partite, pazzesco. Come pazzesche sono le 38 doppiette in carriera. E, ancora, quel “Pallone d'argento” del 1969 quando fu sconfitto per soli quattro voti da Gianni Rivera ma si mise dietro, tenetevi forte, fuoriclasse come Gerd Muller, Johann Cruijff, George Best, Franz Beckenbauer, Jackie e Bobby Charlton. Solo a scriverlo (e voi a leggerlo) vengono i brividi.
Da quel terribile 1 febbraio del 1976, Gigi Riva ha cambiato ruolo: da attaccante a difensore. La maglia sempre la stessa, quella della Sardegna, di cui Riva è adesso un ottimo stopper: l'ha sempre tutelata, protetta, amata. Quasi volesse sdebitarsi: «Questa terra mi ha dato quello che io, orfano fin da bambino, non ho mai avuto: una famiglia. Questa terra mi ha accolto come un figlio nel momento in cui la vita, quando non ero ancora maggiorenne, mi ha detto: arràngiati».
Mai stato in Costa Smeralda, ha amici nel cuore della Sardegna dove ha scoperto che esiste gente più taciturna di lui ma, quanto lui, ha la schiena dritta e non abbassa mai gli occhi. Si è battuto affinché l'isola non diventasse la pattumiera dell'Italia, perché finisca prima o poi la piaga dell'emigrazione, i problemi dei trasporti, della sanità: «In certe zone della Sardegna - ha detto - ammalarsi è un lusso che non puoi permetterti». Amico di pastori e pescatori, non ha mai voluto “scendere in campo”: gliel'hanno proposta tutta una carica, a cominciare da quella di capolista alle Regionali o di Primo cittadino della città che gli ha conferito la cittadinanza onoraria nello stesso giorno in cui il Cagliari ha ritirato la sua maglia, la numero undici. Un numero simbolico: sono infatti due numeri uno affiancati. Riva, numero uno nello sport e poi anche nella vita.
Auguri, Gigi: non ti vorremo mai abbastanza bene.
Nando Mura