MARINA. Sorpresa in via Baylle, con le statuine che ritraggono “u mafiusu”
Il pakistano se la ride in sardo: «Non mi praxiri». Nel suo negozietto di via Baylle, tra bigiotteria etnica e oggetti dal sapore esotico, ci sono anche tazze con la bandiera dei Quattro Mori, nuraghi e pecorelle di porcellana. Su una parete metallica spiccano un centinaio di calamite che dovrebbero promuovere l'Isola. C'è quella con i fenicotteri e il mirto, un'altra immortala un pastore, al centro un souvenir che neanche la fantasia più fervida accosterebbe alla Sardegna, a parte la didascalia sul piedistallo. Coppola, lupara, panciotto nero in tinta con i pantaloni e cravatta rossa su camicia bianca per l'omino baffuto sulla sinistra. Abito rosso, velo e fucile sottobraccio per la donnina alla sua destra. Entrambi tengono in mano un cartello: “u mafiusu” e “a mafiusa”. Kabir Mohamed mette le mani avanti: «Questa è la Sicilia, c'è un errore. Ma è colpa dei cinesi, mi fornisco da loro». Dopo un metro la statuetta incriminata fa bella mostra in un altro emporio asiatico. «Ne ho venduta solo una», racconta Hamed, arrivato dal Bangladesh nel '98. L'indignazione davanti a un errore così evidente corre veloce. «Custu è sardu», dice stizzita Rosanna, cagliaritana, titolare di un negozio di articoli «sardi veri», mostrando un'altra calamita che ritrae un uomo con la berritta e la donna in abiti tradizionali. Il confronto tra le due creazioni fa effetto: «Della nostra isola non c'è niente», accusa Adriana, 82 anni, puntando il dito contro il souvenir sardo-siciliano. «Non facciamo una bella figura, la mafia da noi non c'è», tiene a precisare Lucia, settantaquattrenne, cresciuta nel quartiere che s'affaccia sul porto. Si mobilita anche il popolo di internet: «Oh su bendidori de sa Marina, scida su sonnu», scrive muscos sul sito dell'Unione Sarda. «C'è stato uno scambio di Isole», posta maurodessy. E Isbremis aggiunge: «Ho visto anche il carretto siciliano con su scritto Sardegna».
Sara Marci