Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I maestri invisibili che creano i capolavori firmati dagli artisti

Fonte: L'Unione Sarda
4 ottobre 2013

Davide Servadei, il “padre celato” dei Dormienti di Paladino

 


Riposano sereni nel loro letto d'acqua, al Giardino pubblico di Cagliari. Cullati dal fruscio dei quotidiani che il Comune offre ai visitatori, nei banchetti sotto gli alberi. Hanno affrontato senza turbamento un insolito brusìo i Dormienti di Mimmo Paladino. Nel grande viale che conduce alla Galleria comunale d'arte si è tenuta lo scorso weekend la quarta Festa internazionale della ceramica. Organizzata dall'associazione Il Terzo Uomo, nata alla Marina, nel laboratorio Raku di Cristina Di Martino e Salvatore Farci. Una mostra mercato (25 espositori, anche da Francia e Austria), conferenze e laboratori per il pubblico, accorso numeroso.
PADRI CELATI Chissà se hanno avvertito, i silenziosi Dormienti di terracotta, la presenza del padre celato : Davide Servadei, che ha dato loro la vita nella storica Bottega Gatti di Faenza, fondata nel 1928. Servadei ha raccontato a colleghi e curiosi la ceramica fatta dai maestri invisibili . Quelli che creano, nelle loro botteghe, le opere firmate dagli artisti. Suo prozio Riccardo Gatti collaborava con Marinetti e Balla. Quando è morto, nel 1972, Davide Servadei è entrato in azienda col padre Dante. E ha rilanciato le collaborazioni con gli artisti, spinto anche dal grande interesse per le avanguardie storiche che ha dominato gli anni Ottanta. Difficile scegliere chi citare fra i tanti nomi illustri per cui ha prodotto la famiglia Servadei: da Ettore Sottsass a Bruno Munari, da Tommaso Cascella a Marcello Jori, da Mario Della Vedova a Enzo Cucchi che, casualmente, era a Cagliari qualche settimana fa, ospite della facoltà di Architettura. Talento creativo e concretezza di imprenditore: Davide Servadei è presidente nazionale di Confartigianato ceramica. Non si sente sminuito, assicura, davanti agli artisti che gli affidano i loro progetti. Chi senza affacciarsi in bottega e chi, come Mimmo Paladino, sempre presente, sempre attento alla resa di ogni segno.
CRONACHE DI CERAMICA Arte che il potere vorrebbe rendere invisibile è quella di MehDi Heidari, 56 anni, ceramista e docente universitario iraniano, formatosi tra Germania e Usa. Il banchetto delle sue creazioni non dà nell'occhio. Solo un uccello turchese («una delle 200 tonalità di azzurro persiano») e una melagrana di un rosso inquietante rimandano alle intricate fantasie e ai colori smaglianti con i quali il suo Katibeh Workshop ha contribuito a decorare la metropolitana di Teheran, mentre tutt'intorno infuriava la protesta contro i mullah. Impresa artistica e politica che Heidari ha sintetizzato in una conferenza alla Galleria comunale. Introdotto da Maddalena Mameli, storica dell'architettura, in un parallelo con la figura di Antine Nivola e le sue collaborazioni con gli architetti americani.
MITO E PROTESTA Nei pannelli di piastrelle colorate, pietra e metallo creati dall'artista iraniano rivivono i riti d'acqua e di fuoco legati al culto plurimillenario del dio Mitra o i viaggi iniziatici dei sufi, i mistici dell'Islam. Ma anche i volti della Rivoluzione verde. «Il Governo vuole distruggere queste opere, ma il popolo si oppone», spiega Heidari. Sconcertato all'idea che a Cagliari sia bastata una ristrutturazione per distruggere un murale di Pinuccio Sciola (a lui sconosciuto). E che il Comune se ne sia accorto solo a cose fatte, dopo l'allarme sul blog del giornalista Vito Biolchini.
IL CASO SCIOLA A chi appartiene un'opera d'arte realizzata sulla parete di un palazzo privato, eppure affacciato sulla pubblica via? La polemica è fresca, se ne è discusso anche al Giardino pubblico. «L'arte visibile nelle strade è proprietà pubblica. Va documentata, in modo da salvarla», ribadisce Heidari. Se l'opera a tutti visibile appartiene a tutti, chi la protegge? «Il destino dei murales è provvisorio», commenta Bruno Meloni, 54 anni, ingegnere, direttore artistico della Festa. Ha esordito, adolescente, proprio con Pinuccio Sciola, a San Sperate: «Dei nostri muri non ne è rimasto uno».
EFFIMERO Che un'opera d'arte diventi invisibile «in un Paese che non investe nella cultura, nella scuola» non sorprende Josephine Sassu, 43 anni, nata in Germania, di casa a Banari. Non-ceramista. Le sue creazioni se ne infischiano d'essere più durature del bronzo. «Ho scelto l'impermanenza. La precarietà dell'arte come del lavoro», ironizza. Sotto il boschetto dei pitosfori ha realizzato una rana d'argilla dall'anima in ferro ( maestro invisibile , il fabbro Renato Trogu). Processo creativo en plein air (batticuore per la pioggia) documentato dalla fotografa Michela Mereu. Installazione effimera, la rana sopravviverà in immagine. Anche nelle immagini ricordo dei bambini, scattate con i cellulari.
Daniela Pinna