Rassegna Stampa

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L'appello di Conti: "Fateci giocare a Cagliari, pronti allo sciopero"

Fonte: web SardegnaOggi.it
2 ottobre 2013

Il Sant'Elia è ancora un cantiere e il Cagliari continua a giocare lontano dalla Sardegna le partite casalinghe, oggi l'appello del capitano rossoblù Daniele Conti: "Siamo stanchi di giocare a Trieste, vogliamo giocare a Cagliari abbiamo bisogno di lanciare un segnale forte". I dipendenti della società: "Non meritiamo di fare i nomadi in giro per l'Italia".

CAGLIARI - L'appello del capitano è arrivato al termine dell'allenamento odierno durante una conferenza stampa: "Ci siamo stancati di giocare a Trieste - si legge sul sito della società -. Da due anni siamo costretti a giocare in trasferta. Senza i nostri tifosi è dura. La Società ci aveva promesso uno stadio, ma al momento nulla si è mosso. Non so per colpa di chi, non mi interessa. Io so solo che vogliamo tornare a giocare a Cagliari. Facciamo quest'appello perchè si muova qualcosa. Abbiamo giocato tre partite in una settimana, trascorrendo più tempo in aereo che a casa. Dopo tante chiacchiere, è il momento di passare ai fatti concreti: le parole se le porta via il vento. Abbiamo bisogno di lanciare un segnale forte. Fare sciopero? Ne parlerò con i compagni, ma fosse per me lo farei. Io ho firmato per il Cagliari e ho diritto di giocare a Cagliari".

Alla voce di Conti si aggiungono quelle dei dipendenti contenuta in un comunicato: "La questione-stadio va avanti da quasi tre stagioni, e chiediamo che si possa finalmente risolvere rapidamente e definitivamente. Il Cagliari non è solamente una Società di calcio. E’ un’azienda come tutte le altre, ed è formata da decine di dipendenti. Tutti rigorosamente sardi. Abbiamo timore che la vicenda possa compromettere il nostro futuro lavorativo, rischiando la perdita del posto di lavoro come sta capitando quotidianamente a tanti giovani sardi come noi. I nostri diritti sono stati ignorati, malgrado le promesse. Vogliamo solo lavorare con dignità, come tutti i colleghi del settore, e poter trascorrere più tempo con le nostre famiglie che in aeroporto”.

“Non ci sentiamo tutelati da nessuno - concludono - e il desiderio è che il Cagliari ritorni a Cagliari al più presto. Non ci interessa puntare il dito e giudicare di chi siano le responsabilità. L’importante per tutti noi è che chi ha le competenze e le possibilità per risolvere questa situazione si attivi affinché si possa arrivare ad una soluzione rapida e definitiva. Non meritiamo di fare i nomadi in giro per l’Italia, umiliati e segregati come ospiti indesiderati”.