Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

La cattiva coscienza della città

Fonte: La Nuova Sardegna
9 dicembre 2008

MARTEDÌ, 09 DICEMBRE 2008

Pagina 1 - Cagliari

L’emarginazione e l’abbandono del rione «aiutano» i piccoli trafficanti di droga

I palazzoni e il progetto di riqualificazione delle abitazioni

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. «L’emarginazione e l’abbandono hanno creato i problemi di cui soffre Sant’Elia. E oggi in certe parti del rione, soprattutto nei palazzoni, c’è una spaccio di droga continuo. Ma il dramma è che se, con la bacchetta magica, si potessero eliminare questi traffici una fetta di popolazione non avrebbe più di che vivere», disse Gian Mario Selis, già presidente del consiglio regionale e candidato sindaco di Cagliari, attuale consigliere comunale del Pd.
Queste affermazioni Selis le fece circa un anno fa, alla presentazione del progetto di riqualificazione dei palazzoni.
La parte vecchia del quartiere era stata costruita tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del secolo scorso, e quella nuova (i palazzoni) negli anni Settanta. Ma i servizi di cui si era tanto parlato non si sono mai visti. Allora si parlava molto di edilizia popolare, ma non esistevano ancora i concetti di integrazione e, di fatto, con Sant’Elia venne realizzato un ghetto. Negli anni Settanta Selis fece un’indagine attenta del rione e saltò fuori che l’intervento necessario era (ed è) soprattutto di carattere sociale e occupazionale.
In questi ultimi anni Sant’Elia è diventato un po’ il simbolo di una città cresciuta male con l’occhio attento più alla speculazione edilizia, che alla crescita armonica del territorio. L’urbanistica (quando c’era) aveva dimenticato che la città si forma attraverso i percorsi di vita che permette di realizzare. Gli spazi urbani, insomma, non sono solo luoghi dove abitare, ma spazi dove socializzare, giocare e vivere. Ma per questo occorrono sia una forma urbana adeguata (vie, piazze, punti di incontro, collegamenti ecc.), che servizi e stimoli: diversità e interessi differenti tra le persone che vi abitano. E questo a Sant’Elia, e tra i palazzoni in particolare, non è mai stato fatto.
Da alcuni anni a questa parte il rione è diventato la cattiva coscienza della città e molte amministrazioni vi si sono misurate. Con la giunta comunale guidata da Mariano Delogu sono stati attivati interventi di riqualificazione per Sant’Elia vecchia, col recupero dell’ex Lazzareto e l’avvio del primo «Contratto di quartiere». Poi con Emilio Floris si è cantierato il discorso del porticciolo e avviati altri interventi. Recentemente sei milioni e 660mila euro sono stati investiti nel recupero della parte vecchia del borgo: per il «Contratto di quartiere II», finanziato con fondi statali e comunali. Ma quello che ancora manca è un’operazione seria verso i cosiddetti palazzoni.
La Regione ha predisposto un progetto specifico, ma non è stato ancora realizzato. Il piano era stato inserito in un accordo di programma firmato, il 28 marzo di quest’anno, dal sindaco Emilio Floris e dal presidente della Regione Renato Soru. Ma un mese dopo la maggioranza consiliare del centrodestra non l’ha ratificato. In quell’occasione il primo cittadino Emilio Floris aveva affermato che i singoli problemi sarebbero andati avanti ugualmente, ma così non è stato.
Gli argomenti dell’accordo riguardavano sostanzialmente tre aspetti: la riqualificazione abitativa dei palazzoni di Sant’Elia, la realizzazione del museo Betile (sempre a Sant’Elia) e la costruzione del campus universitario di viale la Plaia. Il progetto legato alle abitazioni è stato predisposto dal gruppo di Ren Koolhaas di Rotterdam, un numero uno in questo tipo di interventi. L’intesa Comune-Regione tracciava la cornice delle opere che i due enti locali volevano portare avanti. Poi la non ratifica (che sarebbe dovuta avvenire il 28 aprile).
Va ricordato che l’intesa avrebbe “mosso” complessivamente circa 250 milioni di euro. Ora la situazione è che alla Regione, per la riqualificazione abitativa, vi sono dal 2006 trenta milioni di euro, di cui si sta utilizzando solo una minima parte: circa tre per l’intervento sulle piastre dei palazzoni (aree degradate e utilizzate anche per i traffici di droga).
Il progetto di Rem Koolhaas ipotizza la realizzazione di servizi da realizzare nei luoghi vuoti interni ai palazzoni, più una serie di percorsi e punti di incontro verdi.
Il piano prevede, inoltre, che a queste opere vengano affiancate altre abitazioni (da decidere la quantità) per contribuire a una vera integrazione.