Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Abiti nuovi per la musica di Porrino

Fonte: L'Unione Sarda
23 settembre 2013


“I Shardana” al Lirico di Cagliari: la direzione di Bramall rompe la staticità dell'opera
 

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L'epopea del popolo del mare è un curioso mélange di tradizione e modernità. Con le onde che si tingono di rosso sangue proiettate sullo sfondo di scogli desolati. Nell'allestimento che ha riportato a Cagliari “I Shardana” di Ennio Porrino, il dinamismo dell'azione si fonde con gli elementi della cultura sarda. Negli aspetti visivi proposti dallo sguardo estroso della regia di Davide Livermore ci sono i richiami all'iconografia dei bronzetti nuragici, con statue di guerrieri nelle dimensioni dei giganti di Monte Prama. Ci sono i seni esposti delle figure femminili che richiamano la dea madre mediterranea e i corpi nudi ricoperti di argilla di danzatori e figuranti. Ma soprattutto c'è il peso dei diversi aspetti della musica popolare sarda, filtrati attraverso il linguaggio colto di Porrino. La suggestione lega immagini e musica, si affida a un primitivismo alla Stravinskij, creato dall'interpretazione più che rilevabile nello spartito, e il corpo di ballo che in perizoma batte il ritmo con i piedi, dà incisività vitale alla danza, diventa interprete sonoro e non solo coreografico. Per il resto la musica di Porrino sembra vestirsi di abiti nuovi in questa interpretazione dell'Orchestra e del Coro del Lirico di Cagliari diretti da Anthony Bramall. La percezione rispetto all'esecuzione concertistica di tre anni fa è per buona parte stravolta. Perché, anche se Bramall è direttore attento e rispettoso della partitura, di fatto la resa scenica detta tempi incalzanti, rompe la staticità un po' convenzionale dell'opera. La guida di Bramall dà coerenza stilistica a un discorso musicale che Porrino traccia come profondamente legato alla tradizione tonale, che mette insieme i ricordi della musica di Respighi, di cui Porrino fu allievo, con le inflessioni melodiche pucciniane. E guarda ai metodi delle scuole nazionali europee, sovrapponendo al linguaggio colto stilemi della musica popolare. L'orchestra e il coro seguono con sensibilità il disegno tracciato dal direttore con espressività che nelle parti orchestrali rompe gli schemi tradizionali, per esaltare gli aspetti descrittivi, “filmici” della musica.
In primo piano, naturalmente, ci sono gli aspetti tradizionali dell'opera, con le melodie affidate a una compagnia di canto eterogenea. Gonnario (Manrico Signorini) ha la voce scura e imponente, evoca l'autorità del suo ruolo di capo. I due giovani amanti Torbeno (Angelo Villari) e Berbera Jonia (Paoletta Marrocu) esprimono nei duetti gli ardori di una passione affidata alla potenza vocale, concentrati sulla resa espressiva generale piuttosto che sulla tornitura del suono. Intorno a loro Orzocco (Giampiero Ruggeri), Norace (Domenico Balzani) e tutti i comprimari a tratteggiare un affresco sonoro ben modulato. In un'opera dove domina la crudezza anche nell'emissione dei suoni, la melodia è affidata alle modulazioni espressive della voce di Perdu (Gabriele Mangione). E poi drammaticamente espressiva c'è Nibatta (Alessandra Palomba), che nei versi come nelle inflessioni riporta al topos della madre dell'ucciso. Rafforzato, in una sorta di licenza poetica, nell'Anninnìa che, con la bella voce di Elena Ledda, inserisce nell'opera autentici accenti etnici.
Greca Piras