Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Gesù, facci difendere il lavoro»

Fonte: L'Unione Sarda
23 settembre 2013


Emozione all'appuntamento nel Largo, le tre lettere dell'Isola dei disoccupati
 

La preghiera di Francesco: sono qui per darvi coraggio
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di Giulio Zasso
Il Papa dei lavoratori ha il casco da minatore e sente addosso lo sguardo sofferto della Sardegna dilaniata dalla crisi economica: «Non fatevi rubare la speranza». Il discorso scritto resta sul leggìo: «Ho altre cose da dirvi». Francesco si affaccia nel Largo sotto il primo sole d'autunno. La sua Chiesa di «soccorso» vicina ai deboli trova cinquemila lavoratori, i disoccupati sono anche di più. «Non sono venuto come impiegato, sono qui per darvi coraggio». E il coraggio del Papa diventa preghiera: «Signore Gesù, non lasciarci soli. Aiutaci ad aiutarci, insegnaci a lottare insieme per il lavoro».
L'uomo arrivato dal sud del mondo scalda i cuori: «Anche la mia famiglia ha conosciuto la sofferenza della mancanza di lavoro». Un sorriso amaro: «Perché stare senza lavoro porta via la dignità, si perde la forza di andare avanti». Parte il nuovo attacco al sistema economico «globalizzato» e soprattutto all'«idolo denaro» dove «tutto si ammucchia al centro e fa cadere gli estremi». I più deboli: «Gli anziani e i giovani».
La folla esplode, l'applauso è fragoroso. Le parole del Pontefice fanno breccia tra il popolo delle tute blu e delle campagne agonizzanti. Parte un grido solitario: «Francesco, sei unico». Lui risponde con un sorriso e rilancia: «Non lasciatevi rubare la speranza. È come la brace sotto la cenere, il fuoco deve tornare un'altra volta».
Dietro le transenne le sensazioni sono taglienti: «Non ho neanche più la forza di gioire davanti a un incontro così coinvolgente», sussurra tra le lacrime Patrizia Casu , trentott'anni e cinque passati a rincorrere il posto in fabbrica che non c'è più». Daniela Piras , segretario della Uilm Sulcis, è più lucida: «Questa è una grande occasione di riscatto, un sollievo spirituale per i religiosi ma anche per i meno devoti». Antonello Pirotto , voce storica della battaglia di Eurallumina, è uno dei trenta lavoratori ammessi sul palco. È lui che fa indossare a Francesco il casco da lavoro: «Questa visita è un'opportunità», racconta l'operaio di Portovesme, «una presenza così autorevole può dare voce alla gravissima situazione economica dell'Isola».
L'appuntamento col Pontefice regala anche l'emozione forte delle tre lettere-appello sul dramma disoccupazione e povertà. Francesco Mattana , operaio cassintegrato della Sardinia Green Island, parla a denti stretti: «Il lavoro perso è un lupo cattivo che sta divorando la Sardegna. La mancanza di un'occupazione rende lo spirito debole e la debolezza genera paura». Per questo, «caro Papa Francesco, la sua presenza può diventare un motivo di coraggio». Fino alla richiesta accorata: «Santo Padre, a nome di ogni lavoratore, le chiedo di farsi portavoce del nostro grido di dolore a chi rappresenta le istituzioni». Maria Grazia Patrizi , imprenditrice cagliaritana, presidente della cooperativa sociale Primavera 83, chiede la benedizione «per tutte le imprese della Sardegna, che non hanno più certezza sul futuro», anche se «fanno di tutto per non perdere posti di lavoro». La terza voce è di Luciano Useli Bacchitta , pastore di Dorgali. L'orgoglio di partenza: «Il lavoro delle campagne un tempo era l'attività principale dei nostri territorio». La rabbia per il presente: «Ormai siamo in balìa della precarietà, dell'incertezza e di una condizione ingiusta».
A pochi metri da Francesco c'è don Pietro Borrotzu , fondatore della Pastorale sarda del lavoro e una delle anime della Carta di Zuri, il movimento contro la povertà e la disoccupazione: «Jorge Bergoglio è un grande comunicatore, sta dando segnali importantissimi alla Chiesa e alla società». La visita in Sardegna può dare una scossa: «Non è certo un toccasana per la gravissima situazione occupazionale e per la povertà che sta travolgendo l'Isola». Ma «ci auguriamo di vedere nuovi sussulti, grazie alla spinta di Papa Francesco e del suo messaggio di speranza».
Romeo Ghilleri è in prima fila. Arriva da Nuxis per portare il grido di dolore dei lavoratori dell'Alcoa: «Questa presenza è una delle poche cose a cui possiamo aggrapparci», racconta con la voce rotta dall'emozione. Un ruolo nell'Rsu della Cisl, la voglia di combattere ancora per difendere l'azienda dell'alluminio di Portovesme: «Siamo da nove mesi in cassa integrazione. Mille dipendenti, tremila persone, con le nostre famiglie». Papa Francesco è la speranza: «Può rappresentare un po' di luce in fondo al tunnel, dopo che la politica sarda e quella nazionale ci hanno abbandonato». Efisio Paderi arriva da Suelli: «Cinquant'anni di lavoro nei campi, siamo venuti qui per dare un po' di conforto ai nostri giovani che non hanno più futuro». La moglie Luisella precisa: «È la prima volta che vediamo dal vivo un Papa in Sardegna. Abbiamo sentito quasi un richiamo, Francesco è davvero una grande speranza».
Tra i trenta lavoratori sul palco accanto al Papa c'è Francesca Cardia . Giornalista professionista precaria, il figlio di due anni in braccio: «Si chiama Francesco , una coincidenza importante. Quest'incontro mi ha dato un'emozione straordinaria. È un segnale forte per tanti lavoratori sardi che vivono una stagione economica così disgraziata». Paola Crobu , pensionata della Cgil, mostra i segni di una notte senza sonno: «Non potevo perdere questo grande appuntamento». Le idee chiarissime: «La visita del Papa deve illuminare i nostri governanti in una Sardegna che non ce la fa più». Ormai «i pensionati sono diventati gli ammortizzatori sociali della società. Con quei pochi soldi devono mantenere figli e nipoti». Ornella Spada è di Barrali, rappresenta il Movimento dei pastori sardi: «Sono qua dalle tre di notte, porto lo sconforto delle campagne ridotte alla disperazione». Un viaggio - «tra gioia e dolore, perché abbiamo lasciato il nostro bestiame» - con tanti compagni di lotta. L'incubo blue tongue fa sempre più paura: «Le nostre greggi sono allo stremo, siamo stati abbandonati. Non sappiamo più dove sbattere la testa».