Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Vite e disagi di 60 clochard

Fonte: L'Unione Sarda
13 settembre 2013


STORIE. Chi sono, dove mangiano, dove dormono e come passano il tempo
 

Quasi tutti avevano un lavoro, poi il triste declino
Al piano terra tutti gli averi di Gaetano sono ammucchiati in pochi metri quadri chiusi dai nastri delle forze dell'ordine, sopra la vita dei compagni di miseria riprende come se niente fosse. Sono in sette a vivere nella terrazza dell'ex Cariplo, in viale Bonaria. Vite da invisibili, i giorni sempre uguali, fatti di carità (poca) e di una speranza di riscatto che non arriva mai. Di parlare non hanno voglia, tantomeno di raccontare il loro passato. Impossibile conoscere i numeri ufficiali dei senzatetto sparsi per la città ma per gli addetti ai lavori (operatori sociali e volontari) sono circa sessanta. Via Dante, Sa Scafa, san Bartolomeo, via Nuoro, viale Diaz e viale Bonaria, viale La Playa e via San Paolo. Poi ci sono i portoni dei palazzi che un po' dovunque offrono riparo. Esistenze estreme ai confini della realtà, a volte per scelta, quasi sempre per disperazione. Senza famiglia, senza casa, senza lavoro, senza neanche più la forza di chiedere aiuto.
IL TUNISINO Roberto ha cinquantun anni ma ne dimostra dieci in più. Ha il viso segnato e gli occhi arrabbiati. È arrivato dalla Tunisia nel 1981, da qualche mese vive in una baracca fatta di metallo e cartone, a Sa Scaffa, nella strada che un tempo portava al mercato ittico. Il tetto è in eternit, gli abiti sparsi un po' ovunque e consumati. Su un mobiletto di legno sgangherato c'è la foto di quand'era giovane. È sorridente e ben vestito, allora le cose andavano bene. «Prima lavoravo, facevo trasporti e traslochi», racconta malvolentieri. «Adesso sono invalido, prendo 270 euro di pensione. Non mi bastano per pagare un affitto». Accanto al letto c'è un radione, sul tavolino una candela mezzo consumata. Non c'è luce né acqua, ma vecchi pupazzi impolverati. «Mi piacciono, sono di quando ero bambino».
SA PERDIXEDDA Ci sono angoli nascosti di Cagliari dove il tempo scorre più lentamente. Sguardi rassegnati di gente abituata alla miseria che di lottare non ha più voglia. Qualche metro prima della baracca di Roberto, a Sa Perdixedda, c'è un vecchio edificio dismesso. Il cancello è mezzo arrugginito, le finestrelle che guardano alla strada sono coperte con teli scuri. Lì dentro vivono cinque uomini, due cagliaritani e tre extracomunitari. Dividono due stanze, e le loro storie di disperazione. Sono schivi, non raccontano niente di loro.
EX PARRUCCHIERE In via Nuoro, sotto i portici di un palazzo, esattamente davanti alla stazione dei carabinieri, Francesco, 46 anni, ex parrucchiere, ha sistemato un vecchio materasso e qualche coperta. Quella è la sua casa, da lì osserva la gente passare veloce, troppo presa da altro per pensare a lui. In viale Diaz, sotto i portici del Banco di Sardegna, tre fratelli di Iglesias fanno i conti con una vita sbagliata. Le giornate non passano mai. Su una panchina un mucchio di valigie messe l'una sull'altra. «Ci sono tutte le nostre cose», spiega Ignazio, settant'anni. In quella affianco vecchi fogli di giornale e qualche indumento ben piegato. «Non viviamo per strada, siamo qui solo per oggi, noi abbiamo una casa», taglia corto uno dei tre. Si capisce che mente.
SAN BARTOLOMEO Nella vecchia cabina dismessa, in piazza San Bartolomeo, da qualche settimana ci sono due nuovi inquilini. Due uomini sui quaranta, arrivano dall'hinterland e hanno un passato complicato di cui non rivelano niente. Nella casupola di cemento scrostata l'unica luce è quella delle candele. E di acqua corrente neanche a parlarne.
IL “TEDESCO” DI ARBUS In via Dante c'è un giovane sui trent'anni, capelli biondi e occhi chiari. Dall'aspetto sembra un tedesco, «sono di Arbus», smentisce lui. Ha sistemato tutte le sue cose davanti al supermercato, vive di elemosina, sperando nel buon cuore dei passanti. E non si separa mai dal suo cagnolino, compagno di vita e dolori.
I VAGONI DEI TRENI Nei vecchi vagoni di viale La Playa alcune facce sono le stesse da mesi. Ci sono Patrizia Piras e Antonio Pretta, che continuano a sognare una vita migliore. Quarantasei anni lei, cagliaritana, un matrimonio andato male alle spalle e una figlia tredicenne che non vede da troppo tempo. Lui ha 43 anni e un'invalidità del 40 per cento per due ernie del disco degenerative, scoliosi lombare e una sfilza di altre patologie. Avevano una casa poi è arrivato lo sfratto. Insieme a loro ci sono dieci disperati. Qualcuno va e viene. Qualcun altro va e non torna più.
Sara Marci