Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La spesa pubblica fuori controllo

Fonte: L'Unione Sarda
2 settembre 2013

In Sardegna diminuiscono gli enti ma continuano a crescere gli addetti dell'amministrazione

 

Manca (Centro Studi Unione Sarda): «Accorpare i comuni»

La sforbiciata di 59 pubbliche amministrazioni, avvenuta in 10 anni, non ha contribuito alla riduzione della spesa regionale. Nel 2001 gli enti erano 601, mentre nel 2011 si sono attestati a 542. Il numero degli occupati nelle amministrazioni, al contrario, è lievitato di 2.048 unità (di cui 1.974 sono riferite al capoluogo sardo), ed è passato da 49.805 del 2001 a 51.853 del 2011. Bastano due semplici calcoli per capire che si tratta di un sistema che, anno dopo anno, ha provocato un aumento consistente della spesa pubblica.
I NUMERI Secondo un'analisi del Centro Studi L'Unione Sarda, basata sugli ultimi dati dell'Istat, si scopre che tra i 51.853 addetti nelle pubbliche amministrazioni a livello regionale, 25.334 sono impiegati in provincia di Cagliari (48,9% sul totale del 2011), 9.746 in quella di Sassari (18,8%), 4.095 nell'Oristanese (7,9%), 3.823 in provincia di Nuoro (7,4%), 3.198 tra Olbia e Tempio (6,2%), 2.867 nell'area di Carbonia e Iglesias (5,5%), 1.619 nel Medio Campidano (3,1%) e 1.171 in Ogliastra (2,3%).
LE VARIAZIONI Il dato che colpisce di più è riferito all'incremento del numero di occupati nelle varie zone dell'Isola, avvenuto tra il 2001 e il 2011. Il primato spetta all'area di Olbia-Tempio (+34,9%), seguita da Oristano (+22,4%), Ogliastra (+15,6%) e Cagliari (+8,5%). La diminuzione degli occupati si è, invece, registrata a Nuoro (-21,1%), Carbonia-Iglesias (-10,2%), Sassari (-2,8%) e Medio Campidano (-1,9%). «Nonostante la riduzione degli enti», commenta Franco Manca, direttore del Centro studi L'Unione Sarda, «tra il 2001 e il 2011 sono state fatte nuove assunzioni. Di conseguenza, il personale nelle Pubbliche amministrazioni è aumentato e ha creato una maggiore spesa per la collettività. Insomma, è inutile ridurre il numero delle unità locali se si aumentano gli occupati. E per l'economia sarda non è un bene».
GLI AUMENTI A parte il discorso legato ai dipendenti, secondo quanto rilevato dal Centro Studi, è risultato in aumento anche il numero dei lavoratori esterni e temporanei. In dieci anni questi sarebbero aumentati di circa 3mila unità, di cui quasi la metà in provincia di Cagliari.
IL CONFRONTO Un paragone con le altre zone italiane fa scoprire che l'incidenza della spending review sull'economia sarda «è maggiore rispetto a quella di altre regioni e, in particolare, del Centro e Nord Italia. Il peso che ha la pubblica amministrazione in Sardegna», precisa Franco Manca, «è troppo grande se lo si confronta con quello che si può rilevare nelle regioni del Nord della Penisola. Il punto è che dobbiamo metterci in testa che non si può pensare di campare di Pubblica amministrazione». In quest'ottica, diventa inevitabile pensare al numero di Comuni presenti nell'Isola e alle strutture territoriali collegate. «Il discorso nasce soprattutto da problemi di natura statale. Personalmente, sono favorevole non solo all'abolizione delle Province», dice Manca, «ma anche alla riduzione dei Comuni. Non è possibile che in Sardegna ce ne siano ben 377, di cui circa 45 con meno di 500 abitanti. Ritengo assurdo che ognuno di questi pretenda di avere scuole, farmacia, teatro, campo sportivo, stazione dei carabinieri e Poste».
SPENDING REVIEW Per attivare un risparmio efficace e avere, contemporaneamente, servizi efficienti secondo il direttore del Centro Studi L'Unione Sarda si dovrebbe agire in una direzione: «Bisognerebbe riorganizzare tutto il sistema predisponendo le Unioni dei Comuni. L'attuale numero di amministrazioni comunali non serve a nulla».
Eleonora Bullegas 


ALLARME. Oltre mille euro in più

Stangata Tares
Per le imprese
aumenti pesanti

VENEZIA Per i capannoni industriali, con la Tares, si prospettano aumenti fino a 1.133 euro il tutto in attesa della Service tax. Lo afferma il centro studi della Cgia di Mestre che ha stimato che con la Tares ci saranno aumenti pesanti anche sui negozi (+98 euro) e sulle abitazioni (+73 euro). La Tares, che debutta quest'anno sostituendo la Tarsu o la Tia - rilava la Cgia -, rischia di tramutarsi in una vera e propria stangata, soprattutto per gli imprenditori.
Per la Cgia rispetto al 2012, gli aumenti medi stimati per l'anno in corso saranno molto pesanti tanto che su un capannone di 1.200 mq l'aggravio sarà di 1.133 euro (+22,7%); su un negozio di 70 mq (superficie media nazionale), l'asporto dei rifiuti costerà 98 euro in più (+19,7%); su una abitazione civile di 114 mq (superficie media nazionale), l'applicazione della Tares comporterà un aumento di spesa di 73 euro (+29,1%).
«Questa situazione - sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre - rasenta il paradosso. Con la crisi economica e il conseguente calo dei consumi, le famiglie e le imprese hanno prodotto meno rifiuti. Inoltre, grazie all'aumento della raccolta differenziata avvenuto in questi ultimi anni un po' in tutta Italia, il costo per lo smaltimento degli stessi è diminuito. Detto ciò, con meno rifiuti e con una spesa per lo smaltimento più contenuta tutti dovrebbero pagare meno - rileva Bortolussi -. Invece, con la Tares subiremo un ulteriore aggravio della tassazione».
Per la Cgia la causa degli aumenti è determinata in primo luogo dal fatto che la Tares dovrà assicurare un gettito in grado di coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, vincolo non previsto con l'applicazione della Tarsu. In secondo luogo, si prevede una maggiorazione su tutti gli immobili pari a 0,3 euro al metro quadrato con la quale si andranno a finanziare i servizi indivisibili dei Comuni (illuminazione pubblica, pulizia e manutenzione delle strade, etc.). Per la Cgia si deve tener presente che i Comuni potranno elevare questa maggiorazione sino a 0,4 euro al metro quadrato.
Dall'analisi dei bilanci dei Comuni italiani (anno 2010) è emerso - secondo lo studio della Cgia - che lo scostamento tra quanto incassato con la Tarsu/Tia e il costo del servizio di raccolta e smaltimento ammonta a circa 0,9 miliardi di euro. Secondo la Cgia si tratta di una stima sottodimensionata: nell'analisi mancano i dati relativi alla Valle d'Aosta, inoltre non si è potuto tener conto del fatto che alcune amministrazioni comunali esternalizzano il servizio di smaltimento dei rifiuti a società collegate.