SAN MICHELE. Carlo Ruggiu abita in una casa-tugurio con il figlio e la fidanzata
Famiglia costretta ad andare avanti con l'aiuto dei volontari
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«Meno male che c'è la Caritas». Carlo Ruggiu, 61 anni, vive in una casa-tugurio in via La Somme, a San Michele, insieme a un figlio ventunenne e alla sua ragazza. «Speriamo che non facciano figli», incrocia le dita, «siamo disoccupati, tiriamo avanti in tre con il mio sussidio da 200 euro. Come riusciamo a sopravvivere? Il vicinato ci aiuta». Ruggiu mostra, senza imbarazzo, il tesserino che esibisce una volta al mese alla Caritas per ricevere una “busta spesa”. «L'ultima volta dentro il pacco c'erano due confezioni di pasta, una di zucchero, due di latte, biscotti, pelati, formaggio e un litro d'olio. A volte, se sono fortunato, trovo riso, confettura e caffè». Una scorta che non può bastare per un mese, per cui l'uomo è costretto a bussare alla mensa del povero. «Mio figlio si vergogna e preferisce non venire per salvare le apparenze». L'ex convivente, madre del ragazzo, è morta nel '98. «Un cancro me l'ha portata via». La casa (comunale) è dei genitori, scomparsi tanti anni fa. «Pago 13 euro d'affitto, non posso permettermi di più».
Ruggiu ha la licenza media, vorrebbe lavorare ma non trova niente. «Avrei voluto continuare gli studi ma in casa non c'erano soldi. A 12 anni lasciai la scuola per consegnare bombole e pane. Oggi è tardi, alla mia età nessuno mi assume. Eppure so fare tante cose: cameriere, lavapiatti, muratore, elettricista, giardiniere. Il problema è che sono un ex detenuto». Dodici anni dietro le sbarre tra Torino, Cagliari, Belgio e Francia non sono un bel biglietto da visita. «Ma adesso sono un'altra persona, ho saldato il mio debito con la giustizia».
Paolo Loche