Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Marcialis si confessa: «Zedda, così non va»

Fonte: La Nuova Sardegna
22 luglio 2013

 
PD



CAGLIARI I maldipancia sono a più strati, come le cipolle. C’è quello nazionale, e le travagliate vicende del governo e della sua originale maggioranza ogni giorno lo alimentano, quello regionale, con le dimissioni del presidente del partito Valentina Sanna, e quello comunale, con un rapporto sempre meno fecondo tra Pd e il sindaco Zedda. Eppure chi si trova a guidare il Partito Democratico in questa fase a dir poco tumultuosa, non sembra esser in balia del panico. forse è merito della giovane età, o della antica conoscenza dei riti della politica della sinistra di tanti anni fa oppure, più probabile della consapevolezza che il pallino non si ha a Cagliari, ma a Roma e che in un sistema così piramidale solo dal vertice possono venire risposte e soluzioni, o, come sta avvenendo da mesi a questa parte, problemi e difficoltà. Così Yuri Marcialis, segretario cittadino del Pd, al termine di una ennesima giornata da protettore per lo stomaco, ammette che tutto si può perdonare, «anche il voto al Senato di oggi, visto che questa situazione comunque durerà poco», ma non le uscite. «Ecco, lasciare il partito, come ha fatto Valentina, quando si ricoprono ancora incarichi di rilievo, e si può comunque contribuire a modificare la linea politica, secondo me è stato un errore. Non siamo un gruppo di quattro gatti, ma una forza organizzata, presente sul territorio, forse ci dovremo far sentire di più, in ogni caso non possiamo certo esistere solo per votare o delegare gli altri a votare per noi». È l’eterno dilemma del partito “leggero” o “liquido”, più un obbligo che una scelta; un partito che richiama migliaia di persone alle primarie, che vede i suoi iscritti in città attestarsi su livelli accettabili, tra i mille e i 1500, come ai tempi dell’ultimo Pci, ma che fuori dagli appuntamenti e dai congressi si trasforma da liquido allo stato gassoso, quasi ineffabile, con circoli che diventano gruppi di amici, o che rimangono in piedi e lavorano, come a Pirri, solo in caso di una riconosciuta e forte identità. «È chiaro che il peggio del peggio è quando sei al governo, e non sei riconosciuto come tale; almeno a Roma ci sono autorevoli ministri e sottosegretari del Pd che fanno vedere la presenza del partito, al Comune il quadro è ben diverso; da questa situazione riceviamo solo svantaggi, sono passati due anni e dobbiamo ancora confrontarci con un metodo che lascia a desiderare, il Pd in giunta non è coinvolto, e se dovessimo trovare elementi caratterizzanti in positivo l’azione di governo della giunta ci troveremmo in difficoltà. Poi anche il modo con il quale è stata assunta la decisione di giubilare l’assessore Luisa Sassu non ci convince. A dir poco siamo sconcertati. E solo per senso di responsabilità andiamo avanti ma chiediamo di venir coinvolti nelle scelte della coalizione che ha vinto le elezioni». Non bastavano i maldipancia regionali e nazionali, adesso i dirigenti del Pd hanno anche il loro malessere locale, apparentemente più piccolo, non necessariamente più semplice da risolvere. (g.cen.)